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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2011 alle ore 15:27.

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Chiara Cainero durante il tiro al volo (Ansa)Chiara Cainero durante il tiro al volo (Ansa)

Pesi – "Noi puntiamo a non vincere medaglie": forte e sorprendente la voce di Antonio Urso, presidente della FederPesi. Una provocazione, la sua, che dà il senso dell'enormità della battaglia che il mondo della pesistica sta combattendo contro il suo nemico più arcigno: il doping. "Purtroppo lo confermano le statistiche: non c'è gara internazionale, nel nostro sport, che non presenti casi di doping. Come federazione italiana abbiamo deciso di voltare pagina, mettendo a punto un protocollo ora adottato anche dalla federazione europea (di cui Urso è presidente, ndr)". In cosa consiste? "Si basa su un principio fondamentale – spiega il presidente -: il doping è la scorciatoia non tanto dell'atleta, quanto dell'allenatore che non è capace di fare il suo lavoro. Per questo abbiamo chiesto a un'agenzia americana, la Nsga, di certificare la preparazione dei nostri tecnici secondo standard scientifici specifici. Allenatori così formati sono la miglior garanzia anche per gli atleti, soprattutto i nuovi che si avvicinano alla nostra disciplina". Le conseguenze di un processo ancora in atto sono evidenti sui risultati, con gli azzurri che a livello giovanile competono per podi e medaglie, per poi "sparire" dai podi elite, dominati da Turchia ed Est Europa. "Stiamo lavorando molto bene anche nel settore femminile – conclude Urso – grazie all'esempio di Genny Pagliaro, che sarà la nostra punta anche sulla strada verso Londra2012"

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