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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2011 alle ore 06:37.

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Su quella che l'opposizione ha bollato come «norma ad aziendam», il dossier era già pronto e il verdetto sostanzialmente scontato.

La decisione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi di ritirare la contestata norma sul lodo Mondadori ha consentito al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di limitare a ulteriori cinque punti l'elenco delle "criticità" riscontrate nel decreto trasmessogli da palazzo Chigi nella tarda mattinata di lunedì. Osservazioni che sono state trasferite dagli uffici del Quirinale alla presidenza del Consiglio e al ministero dell'Economia, perché provvedano a modificarle.
A quel punto, non appena il testo della manovra tornerà al Quirinale, Napolitano potrà autorizzare l'emanazione del provvedimento. Operazione che potrebbe risolversi anche nel giro di ventiquattro ore.
In linea con il dettato costituzionale, al Capo dello Stato spetta in questa fase il delicato compito di verificare se le misure contenute nei decreti sottoposti alla sua firma rispondano ai criteri della coerenza giuridica con l'ordinamento, e della piena aderenza alla Costituzione. Le scelte di merito sono nell'intera responsabilità del governo.

Fatta questa premessa, gli uffici tecnici del Quirinale hanno evidenziato "criticità" per quel che riguarda la norma su riduzione delle dotazioni degli organismi politico-amministrativi e organi collegiali, nonchè sul riordino degli enti ed organismi pubblici vigilati dal ministro delle politiche agricole.
Nel mirino del Colle inoltre il nuovo dispositivo sulle quote latte, con particolare riguardo alle procedure di riscossione tramite ruolo. Nel decreto sottoposto alla firma del Colle, su esplicita richiesta della Lega, vengono sottratte a Equitalia le procedure di riscossione coattiva già avviate nei riguardi dei produttori di latte inadempienti. Infine richieste di correzione investono il dispositivo in base al quale l'Ice viene soppresso e posto in liquidazione. I dipendenti distaccati all'estero sarebbero trasferiti nell'organico del ministero degli Esteri, mentre quelli in sede confluirebbero allo Sviluppo economico.

Fin qui le modifiche sollecitate da Napolitano, che in mattina, ad esplicita richiesta, si era limitato a osservare: «Non dico nulla sulla manovra. Quando sarà il momento conoscerete le nostre determinazioni». Certamente il dietro front annunciato da Berlusconi sulla norma relativa al lodo Mondadori - misura che per il premier era tuttavia «giusta e doverosa» - ha sgombrato il campo dal dossier più spinoso. È del tutto plausibile ipotizzare che sia stata proprio la netta contrarietà del Colle a indurre palazzo Chigi a non insistere su una misura che avrebbe compromesso l'iter dell'intero provvedimento.
La manovra del resto - Napolitano lo ha detto chiaramente - è in linea con gli impegni assunti in sede europea. L'Unione europea - ha osservato lo scorso 30 giugno da Oxford - ha messo a punto un documento «molto puntuale in cui precisava che lo sforzo fatto rendeva credibile la vigilanza sui conti pubblici fino al 2012 e che occorrevano altre misure per gli anni successivi. Si vedrà se sarà un provvedimento che entra già abbastanza nel merito per raggiungere il pareggio nel 2013-2014». Poi l'ulteriore precisazione: «Non c'è dubbio che chi prende delle decisioni oggi sulla situazione economica si prende delle responsabilità anche per domani».

Ora al Colle si attende l'esito dei "chiarimenti" chiesti dal governo. Il ricorso a questa sorta di moral suasion in progress ha consentito ancora una volta (e forse non sarà l'ultima) di evitare che un provvedimento di tale rilevanza fosse respinto al mittente, con tutte le conseguenze del caso. Il tutto - precisano al Colle - si colloca all'interno di quello spirito di «leale collaborazione tra istituzioni», che rappresenta per Napolitano un assoluto punto fermo.

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