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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2011 alle ore 07:31.

Crisi e oro. Le due parole sembrano appartenere a due mondi diversi, ma in realtà si ritrovano insieme, almeno in un senso: quando c'è crisi, molti si rifugiano nell'oro. Bisogna allora raccomandare, in un manuale anti-crisi, di rifugiarsi in questo bunker dorato?
A prima vista i patiti dell'oro hanno ragione. Le valute sembrano fare a gara nello svalutarsi: la crisi da debiti sovrani rischia di indebolire l'euro (che tuttavia tiene alta la testa); il patetico braccio di ferro fra repubblicani e democratici in America sul rinnovo del limite al debito pubblico porta il dollaro sull'orlo del precipizio, i Governi dei Paesi le cui valute si rivalutano (Cina, Brasile...) cercano invece di tenerle giù per non perdere competitività, i prezzi delle case sono deboli, i tassi di interesse sono così bassi che non potranno che risalire, e per ciò stesso ridurre i prezzi delle obbligazioni a lungo termine, le materie prime hanno smesso di salire... Di tante classi di attività solo l'oro, che ieri ha segnato nuovi record, sembra indenne alla crisi; anzi, come detto prima, rifiorisce sulle macerie del ciclo. In passato l'attrattiva dell'oro aumentava quando c'era l'inflazione: l'oro veniva visto come un baluardo rispetto all'aumento dei prezzi. Ma adesso l'inflazione non c'è, e l'oro inanella egualmente primati su primati.
Se, come successe in passato, l'oro diventa un rifugio nei tempi di crisi, non c'è da stupirsi se la più severa recessione del dopoguerra, con la sua coda velenosa di deficit e debiti pubblici, ha dato una spinta al metallo giallo; anche qui, la più forte spinta da quando il prezzo dell'oro è stato sganciato, circa quarant'anni fa, dall'artificiale legame col dollaro.
A questo punto il corollario diventa evidente. Se l'oro riceve spinte dalle crisi, il suo prezzo dovrebbe calare una volta che la crisi finisca. Poi c'è la questione del rendimento. Come si sa, il metallo giallo è lucente ma sterile: non dà interessi né dividendi. La sua attrattiva sta tutta nei guadagni di capitale. E non è neanche vero che la sfiducia nelle valute cartacee sia la ragione principale della fiducia nell'oro. Lungo questa crisi ci sono stati altri porti sicuri: il franco svizzero, per esempio, si è nettamente rivalutato nei confronti delle principali valute. Gli ultimi dati del Fondo monetario indicano che la composizione internazionale delle riserve valutarie vede una riduzione della quota detenuta in dollari e in euro, e un aumento delle quote detenute in altre valute: oltre alla moneta elvetica, anche i dollari australiano, canadese e neozelandese. E le valute, se non sono lucenti, non sono però sterili: danno un interesse, piccolo (franco svizzero) o grande (dollaro australiano) che sia.
In conclusione, l'oro può essere parte di un giardinetto di attività (e oggi ci sono prodotti finanziari che permettono di scommettere sull'oro senza dover necessariamente comperare collanine o lingotti), ma sarebbe pericoloso farne una parte importante del proprio portafoglio. A meno che non pensiate che il mondo corra a rotta di collo verso un disastro. Ma la storia suggerisce che questa crisi, come tutte le crisi, un giorno finirà.
fabrizi@bigpond.net.au
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