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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2011 alle ore 17:55.
L'ultima modifica è del 17 settembre 2011 alle ore 09:35.

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Il Punto di Stefano Folli
Alla fine l'alluvione è arrivata, com'era nelle previsioni. Leggendo stamane i giornali sapremo tutto sui rapporti fra il presidente del Consiglio e le ragazze della scuderia di Tarantini. Qualcuna di loro, a quanto pare, avrebbe ottenuto passaggi su aerei di Stato e molte hanno svolto con scrupolo la parte per la quale erano state reclutate e ricompensate. Mancano in questi nastri le allusioni alla Merkel o ad altri capi di governo.

Non è chiaro se per prudenza, per evitare una crisi internazionale o altro, la famosa tremenda battuta di Berlusconi sul cancelliere tedesco non compare. Si potrebbe persino sperare che le indiscrezioni fossero inesatte, ma non c'è da stare tranquilli. Quello che si legge è ciò che ci si poteva aspettare. Un altro colpo che aumenta il discredito, ma niente di straordinariamente nuovo. Un passo avanti nell'agonia politica, in attesa di qualcuno o qualcosa che faccia crollare il castello di carte. Diciamo che l'assedio al premier si è fatto più stringente e per il diretto interessato spezzarlo è sempre più difficile. Ecco perché, con l'aiuto e lo stimolo di Giuliano Ferrara, Berlusconi sta tentando una controffensiva probabilmente tardiva.

Sul 'Foglio' di stamane egli garantisce che «non c'è nulla di cui debba vergognarmi» e denuncia «il circuito mediatico-giudiziario» che intende distruggerlo. La lettera ha uno stile «ferrariano» inequivocabile e il suo scopo è chiaro. Ribadire l'intenzione di «non mollare». La volontà di non accreditare ipotesi relative al famoso «passo indietro» da tanti sollecitato.
Non c'è una vera novità in questa mossa berlusconiana. Vuole essere una dimostrazione di temperamento e di brillantezza, la prova che l'uomo combatterà - in termini politici - fino all'ultimo. Ma il messaggio è rivolto quasi per intero alla maggioranza, dove crescono i dubbi e i sintomi di smarrimento. Sesso, politica e potere: il miscuglio comincia a essere davvero indigesto. Anche perché qualcosa scricchiola nel partito alleato, in quella Lega che ieri, alle pendici del Monviso, ha riscoperto le pulsioni secessioniste. Proprio ora, mentre a Roma si sprofonda nel boccaccesco. La coincidenza è inquietante, ma significativa. Quanto può durare un equilibrio politico in cui un ministro in carica, determinante per la stabilità del governo, dichiara: «L'Italia va a picco, prepariamo la Padania»?

La frase è di assoluta gravità. Eppure la realtà italiana, lo sanno tutti, è drammatica ma poco seria. Tanto è vero che fanno quasi più notizia altre cose dette da Bossi. Per esempio che la Lega non ritiene plausibile far durare la legislatura fino al 2013 (ma in queste condizioni chi poteva credere ad altri diciotto mesi di sofferenza?). La verità è che le parole di Bossi, in apparenza illogiche e confuse, hanno un solo scopo: coprire il collasso leghista, tenere insieme l'elettorato, ricondurre a sé il partito, vendicare le offese vere o presunte alla famiglia.

Altro che secessione. Il Carroccio oggi è prossimo a esplodere. Non solo per la rotta imboccata da Maroni, che palesemente ha un'idea diversa dei futuri rapporti politici. Non solo per la ribellione dei sindaci, da Tosi a Fontana. Ma in particolare per la paralisi del federalismo fiscale, il tema strategico di un decennio.
Berlusconi e Bossi, i due protagonisti di una lunga stagione, dimostrano con i fatti che la loro alleanza è agli sgoccioli. Il logoramento è sotto gli occhi di tutti. Troppi eventi concorrono al prossimo precipitare della situazione, ma i tempi non sono prevedibili. Attenzione, però. Il 22 si voterà alla Camera sul caso Milanese. Il voto segreto, se tale sarà, potrebbe facilmente catalizzare rancori, malumori e paure che da mesi cercano un contenitore.

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