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Questo articolo è stato pubblicato il 17 marzo 2012 alle ore 08:12.

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Confronto fino all'ultimo minuto, mediazione laddove possibile. Ma nessun passo indietro sull'impianto d'insieme della riforma. Il Governo intende difendere in sede di trattativa finale tutti i punti di «equilibrio più avanzato» che sono stati raggiunti sia sulla flessibilità in ingresso sia sul ridisegno delle regole per il licenziamento sia sul nuovo sistema degli ammortizzatori sociali.

Per l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori lo schema d'intervento viene giudicato adeguato e ragionevole, inimmaginabile solo un mese fa. Secondo i tecnici più vicini al ministro Fornero e al presidente del Consiglio, Mario Monti, il tabù è rotto. E la soluzione trovata, così vicina al modello tedesco, verrà difesa nonostante le forti perplessità di parte del sindacato. Nessun cambiamento delle tutele contro i licenziamenti nulli o discriminatori, affidamento al giudice della scelta tra reintegro e indennizzo nel caso dei licenziamenti disciplinari (senza giusta causa e giustificato motivo soggettivo) e ipotesi di indennizzo con un tetto, tra i 20 e 24 mensilità, nei casi di licenziamenti per motivi economici. A questo schema verrà affiancato l'impegno concreto a intervenire per rendere più brevi (e certi) i tempi di una causa da lavoro.

Fermezza anche sulla scelta di rendere più onerosi i contratti a tempo determinato, con l'aliquota aggiuntiva dell'1,4% per finanziare l'Assicurazione sociale per l'impiego (Aspi), anche se su questo punto è aperta una riflessione sulle imprese minori, per le quali i maggiori oneri contributivi potrebbero trovare una forma di compensazione. La «flessibilità cattiva», come è stata iconizzata fin dall'inizio di questa lunga concertazione, dev'essere combattuta sia facendo pagare un po' di più questi contratti a termine (fatti salvi i casi dei contratti stagionali) sia con i maggiori controlli introdotti con i nuovi obblighi di comunicazione amministrativa in caso di rinnovo o cambiamento delle clausole del contratto e con i nuovi vincoli sui rinnovi. E fermezza anche sulle false partite Iva, dietro le quali si nasconde il precariato più disagiato. Nel caso il rapporto di lavoro con lo stesso committente abbia una durata superiore a sei mesi l'anno e se il lavoratore ottiene il 75% dei propri corrispettivi da questo rapporto e se, ancora, la posizione di lavoro è presso lo stesso committente, allora scatterà (salvo prova contraria) la presunta subordinazione e la sanzione.

L'apprendistato deve essere il contratto d'ingresso tipico per i giovani, e agli apprendisti ora viene estesa la protezione dell'Aspi in caso di perdita del lavoro. Ma le aziende potranno assumere più apprendisti solo quando dimostreranno che ne hanno «stabilizzati» un certo numero nel passato recente; perché non si deve più abusare di un contratto i cui sgravi contributivi valgono da soli quasi il 40% della spesa totale per le politiche attive per il lavoro.

Il ragionamento sui contratti d'ingresso che si ripete nelle stanze del Governo non cambia: in Europa ci chiedono quanti contratti non standard sono stati cancellati e la risposta è nessuno perché tutti hanno una loro ragion d'essere. Per questo bisogna vigilare perché non se ne faccia più un uso scorretto.

Infine i nuovi ammortizzatori sociali. In attesa dell'indicazione delle risorse (e delle loro fonti di finanziamento strutturale) che il Governo è pronto a mettere in campo, si conferma la forza del nuovo sussidio «universale» disegnato per assicurare la tutela dal rischio disoccupazione del maggior numero possibile di lavoratori.

Il giorno dopo il vertice politico a Palazzo Chigi con i segretari di Pdl, Pd e Udc, ai quali non sono stati solo illustrati i contenuti della riforma ma se ne è discusso il merito, il ministro Elsa Fornero rispetta la consegna del silenzio sui contenuti di tutti i dossier. Silenzio anche davanti al comunicato unitario di tutte le organizzazioni produttive che premono per ottenere modifiche. Sul merito dei vari capitoli della riforma si tornerà a discutere oggi a Milano, dove il ministro e il presidente del Consiglio parteciperanno alla seconda giornata del Convegno «cambia Italia», organizzato da Confindustria. All'assise ci sono i rappresentanti di tutte le parti sociali che partecipano al tavolo negoziale. Un'occasione per un nuovo scambio di vedute informale prima della convocazione di martedì prossimo a Palazzo Chigi. Sarà questa la sede in cui «si tireranno le somme del lavoro fatto» per capire se sarà possibile l'accordo cui punta in Governo. Il giorno dopo seguirà il direttivo convocato dalla Cgil.

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