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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2012 alle ore 08:11.

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Un rendimento che per anni si è dimostrato capace di battere l'inflazione di 1-1,5 punti percentuali. I diamanti da investimento, ancora una nicchia nel panorama delle offerte ai piccoli risparmiatori, non hanno condiviso l'irresistibile corsa al rialzo dell'oro, che negli ultimi dieci anni ha moltiplicato per sei il suo valore.

Ma con il lingotto che sembra aver perso fiato (le quotazioni, oggi intorno a 1.570 $/oncia, sono tornate ai livelli dello scorso dicembre) e con la carenza di beni rifugio che sta caratterizzando questi tempi di crisi, la tranquilla ascesa dei prezzi delle gemme diventa attraente. Anche perché ci sono buoni motivi per credere che continuerà, aggiunge Maurizio Sacchi, fondatore e amministratore delegato della Diamond Private Investment: una delle due società (l'altra è la Idb) che Italia commercializzano diamanti da investimento attraverso il canale degli sportelli bancari. «I diamanti si stanno esaurendo: è da almeno 15 anni che non viene scoperta una nuova miniera. Inoltre, anche se De Beers ha ormai perso il monopolio, il mercato resta comunque dominato da un oligopolio. È come se ci fosse un'Opec dei diamanti e nei momenti di crisi l'industria reagisce adeguando l'offerta alla domanda, in modo da proteggersi da un eventuale crollo dei prezzi».

Come tutti gli investimenti, ci saranno comunque dei rischi.
L'acquisto di un diamante non va paragonato ai prodotti di investimento finanziari: è piuttosto un modo di patrimonializzare una parte dei risparmi, un po' come l'immobiliare, con la differenza che costa meno: 5-10mila euro sono sufficienti per acquistare delle piccole gemme, magari da lasciare in eredità ai figli. Tra l'altro non ci si pagano tasse di successione, né altre tasse come quella sul capital gain o eventuali imposte patrimoniali. Una volta pagata l'Iva sull'acquisto, non ci sono più oneri. I diamanti oltre tutto sono beni di libera circolazione: li puoi trasferire dove vuoi, anche all'estero, purché accompagnati da documentazione che ne attesti la provenienza lecita.

Come funziona la vostra offerta?
Il principio che ci guida è la trasparenza. Fin dalla nascita, nel 2004, la nostra società si è data un codice etico, che ci impone di vigilare perché il cliente sia informato e guidato nell'acquisto, in modo che non dedichi ai diamanti più del 5% del suo capitale. Non vogliamo vendere a ogni costo, come le banche potrebbero essere tentate di fare, per via delle commissioni appetibili. Vogliamo che insieme a noi ci mettano la faccia ed è per quello che abbiamo favorito come nostro canale di vendita gli istituti più radicati sul territorio: le banche di credito cooperativo e le casse rurali dell'Iccrea, cui abbiamo di recente aggiunto una decina di popolari e il Monte dei Paschi.

Si dice spesso che un diamante è come un quadro: ogni gemma è unica, quindi non esistono valutazioni oggettive
Noi ci concentriamo solo su un certo tipo di gemme: le più pregiate per colore, purezza e taglio. Il peso è sempre tra mezzo carato e un carato, in modo da facilitare il ricollocamento qualora il cliente volesse rivenderle. Le quotazioni le pubblichiamo sul Sole 24 Ore e sono sempre verificabili.

Come si fa per rivendere il diamante?
Siamo gli unici a garantire un riacquisto entro 30 giorni dalla richiesta. Il cliente deve solo pagare una commissione pari al 10% del valore del diamante, che tra l'altro è l'unico corrispettivo che ci versa. Se la banca non dovesse riacquistarlo, abbiamo previsto l'intervento di un fondo di garanzia.

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