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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2012 alle ore 13:28.

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Primi minuti di tifo e agonia quando sembra che la Germania quasi potesse segnare. Iniziano a arrivare gli sms dall'Italia e da altri Paesi. La pizzeria è divisa in due, nei primi 30 minuti si sentono boati alternati dalle due parti, italiana e tedesca. Non riesco a descrivere il boato e i salti al primo gol di Balotelli. Roba da arrivare al soffitto. Dalla tasca di mio figlio, chi l'avrebbe mai detto , spunta una bandiera italiana, ben celata. Anche i matematici hanno l'anima allora, penso. Le birre aumentano, ma sempre in numero accettabile per una buona serata in compagnia. Esco per un momento di aria e distensione, e vado fino al bar vicino: tutti tedeschi. Resto impressionato: sembrava fosse morto, che ne so, il loro Presidente, qualcosa del genere, facce da 11 settembre. Muti , tesi, tristi insomma, non reattivi, un sentimento strano. Ricordo allora il ragged people della metro: per loro Italia Germania è una maledizione da cui non riescono a uscire. E infatti la partita letta da questo punto di vista fa tornare i conti di una squadra, la germania che pare a volte inebetita, incapace di azione, tiro nulla, tanto quanto i berlinesi lì davanti, gente simpatica , intelligente, a volte un po' matta. Non li riconosci, capisci che sono su un livello che tu non conoscevi.

Il secondo, strepitoso gol di Balotelli , e della squadra che ha costruito quell'opera d'arte, arriva come una pugnalata al cuore e pure col coltello gelato. Giro dei tavoli italiani, solidarietà tricolore e nessun sberleffo agli amici dei tavoli vicini. Altra sbandierata ovviamente. Quando esce il Mario, molto ammirato da entrambe le parti dopo il goal, un applauso sportivo, meno male che l'atmosfera non si è incattivita.
Esco di nuovo per il caldo, al bar "tedesco" sembrano paralizzati, qualche ragazza con la bandiera dipinta sulle gote piange. Il "destino", si sta avverando di nuovo. Sembra Wagner, grande maestro, ma noi siamo Verdiani e, quando va bene come stasera, amiamo Puccini e la sua Turandot.

La partita finisce con una stupida selva di cartellini gialli e un rigore pateticamente aggiudicato da un arbitro lasciamo perdere. Il rigore anima un'ultima speranza nei tavoli e negli animi germanici, ma è ovvio che neanche Belzebù ce l'avrebbe fatta.
Ultimi saluti fra italiani e anche qualche stretta di mano con i commensali berlinesi più sportivi e via che si torna.
Atmosfera surreale: non ci sono più bandiere, restano i segni sui visi e sui capelli gialli neri e rossi. Sciami di persone che camminano in silenzio. La capitale, del paese locomotiva d'Europa, simpaticamente chiassosa a quest'ora e in quella zona, pare in preda alla depressione più profonda. Nessuno parla e sono tanti, proprio tanti, finché si arriva alla metropolitana. In pochi secondi i bar sbaraccano tutto, migliaia di schermi all'esterno, grazie alla serata clemente, vengono fatti sparire come fossero indizi nella scienza del crimine. Polizia, ma non ce ne è bisogno per fortuna, un intero popolo è stato anestetizzato.

La depressione dura poche ore, peraltro. Stamattina, mentre scrivo, pare tutto normale, però ieri sera qui potevi toccare con mano uno spirito che li pervade: la maledizione delle partite con l'Italia.
E la finale Italia-Spagna, è pesante per loro. Ma come si chiederanno uno dei due Paesi con lo spread più alto sui Bund tedeschi diventerà campione e l'altro vice. E loro che sono virtuosi e atletici solo terzi o quarti. Destino crudele che sembra avverarsi, qui ci credono, ma stranamente non riescono a reagire. Chissà se l'arbitro della finale sarà greco.

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