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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2012 alle ore 06:40.

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Ben Bernanke difende il Quantitative easing dagli attacchi dei politici e dalle critiche degli economisti. E lo fa appellandosi al doppio mandato della Federal Reserve, massima occupazione e inflazione sotto controllo, promettendo di continuare imperterrito sulla strada degli acquisti di asset e dei tassi a zero per aiutare la crescita: «Vorremmo che il maggior numero di americani possibile, che vuole un posto di lavoro, avesse un impiego. E puntiamo allo stesso tempo a mantenere gli aumenti nei prezzi al consumo basi e stabili».

L'accento però, è tutto sugli stimoli all'espansione: «Finché la stabilità dei prezzi sarà preservata _ ha detto _ sarà nostra preoccupazione non alzare i tassi d'interesse prematuramente». Bernanke ha negato che così facendo la Fed rischi di sollecitare pericolose fiammate inflazionistiche o di consentire al governo elevati livelli di indebitamento.
L'autodifesa del chairman della Fed è avvenuta davanti all'Economic Club di Indianapolis, nel cuore del paese spesso alle prese con un'ancora elevata disoccupazione. Bernanke ha affermato che l'inflazione non desta oggi timori di rilievo: è vicina all'obiettivo indicato dalla stessa Banca centrale del 2%, accompagnata da aspettative moderate.

Bernanke ha sostenuto che la Fed ha gli strumenti necessari per prevenire «pressioni inflazionistiche in futuro». E che, quindi, «rimarrà appropriato un atteggiamento molto accomondante in politica monetaria per un consideravole periodo dopo che l'economia si sara' rafforzata». La Fed intende mantenere tassi vicini allo zero fino a meta' 2015 anche se questo non significa «una previsione di debolezza economica» fino ad allora.
Il chairman ha respinto con particolare enfasi una delle accuse piu' pesanti, quella sul rischio che la Fed diventi “complice” d'un continuo eccessivo indebitamento a Washington. Ha negato che gli stimoli finora annunciati rappresentino una “monetizzazione” del debito federale, che equivalgano a stampare moneta.

«Non è quello che sta accadendo e non accadrà _ ha fatto sapere _. Acquistiamo titoli del Tesoro sul mercato e solo su base temporanea, con l'intento di sostenere la ripresa dell'economia attraverso un abbassamento dei tassi di interesse». Tentare di influenzare il dibattito politico sul budget «sarebbe inappropriato e inefficace», ha detto. Nel suo terzo round di Quantitative Easing (Qe3), scattato a metà settembre, la Fed ha annunciato una manovra a tempo indeterminato a base di 40 miliardi di dollari in acquisti mensili di titoli garantiti da mutui. l'istituto centrale continuerà inoltre a “scambiare” titoli del Tesoro a breve per obbligazioni a lunga fino a fine anno, un'operazione battezzata “Twist”.

La stessa efficacia dalla manovra sul fronte di occupazione e crescita, però, è stata messa in dubbio. Alcuni tra gli esponenti più conservatori del board della Fed hanno espresso scetticismo, nonostante Bernanke sia riuscito a creare un ampio consenso grazie a un'aggressiva offensiva diplomatica interna a base di frenetici contatti con tutti gli esponenti del vertice. E nulla puo' fare per attenuare gli assalti dell'opposizione repubblicana, guidata dal candidato presidenziale Mitt Romney. Il portabandiera repubblicano e i suoi principali consiglieri condannano con forza la strategia del QE, affermando che non avrà alcun effetto sulla forza dell'economia mentre indebolisce il dollaro, nutre tensioni commerciali e solleva lo spettro dell'inflazione.

Bernanke, fin dalla conferenza internazionale della Fed a Jackson Hole in agosto, ha tuttavia sostenuto che, pur con i loro limiti, le azioni della Fed offrono piu' vantaggi che svantaggi e hanno portato in dote tre punti percentuali del Pil e milioni di posti di lavoro. «Possiamo fare di più per assistere la crescita», ha ribadito ieri. L'economia americana, di sicuro, continua a dare segnali incerti. L'Ism manifatturiero ha ieri sorpreso positivamente: è salito sopra quota 50, a 51,5, mostrando un'espansione dopo tre mesi di contrazione. Ma la frenata globale del commercio, evidenziata da attese della Wto di un debole incremento annuale del 2,5%, spaventa: più di metà della crescita statunitense, pari solo all'1,3% nel secondo trimestre, è oggi legata alle esportazioni.

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