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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2012 alle ore 09:14.

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Tutti pensiamo di conoscere almeno un po' l'America: molti l'hanno vista dal vero, i più in immagine (nei film, nelle fotografie, nelle pubblicità, in televisione) oppure l'hanno sentita in musica e nelle canzoni (il blues, il jazz, il rock). C'è chi ricorda - a tasselli – la geografia, la storia, la cultura degli Stati Uniti.

E sa dirvi dov'è Los Angeles e dove scorre il Colorado River, cosa significarono, per gli Usa e per l'Occidente, la guerra del Vietnam e lo scandalo Watergate, chi scrisse "Piccole donne" (Louisa May Alcott) e chi fu il regista di "Ombre Rosse" (John Ford). Molti amano l'America al punto da non accettarne le critiche e forse altrettanti la odiano senza remissioni.
Alla vigilia delle elezioni per la Casa Bianca, che nella ridda dei sondaggi vedono un sostanziale testa a testa fra il presidente in carica Barack Obama e il candidato repubblicano Mitt Romney (seppure con un lievissimo vantaggio di Obama in alcuni "Stati-chiave" per i voti elettorali), la casa editrice Il Saggiatore pubblica "Americana", un volume di 764 pagine (€ 29,00), che in più di trecento voci riordina il mosaico di storie e di culture degli Stati Uniti dalla A alla Z. Come scrive Mario Maffi nell'introduzione, «l'America non è quel blocco unico che vorrebbe tanta parte di un'ostinata falsa coscienza corrente, incapace di vedere la complessità e la fluidità, le fratture e le contraddizioni, le spaccature profonde sotto la superficie».

Maffi, docente di Cultura anglo-americana presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università degli Studi di Milano, dopo avere insegnato per quasi quarant'anni a tanti studenti «che cos'è l'America», ha sentito il bisogno di trovare «un contenitore in cui versare i numerosi ingredienti diversi, isolandoli prima a uno a uno, per meglio fissarli, definirli, inquadrarli, e farli poi interagire fra loro». Nel suo lavoro ha coinvolto tre giovani studiosi, che hanno collaborato con lui nell'ultimo decennio e hanno firmato il libro quali coautori: Cinzia Scarpino, Cinzia Schiavini e Sostene Massimo Zangari (ma ciascuna voce reca una sigla personale).
Quasi tutte le voci sono corredate da una breve bibliografia, mentre alla fine del volume sono elencati i testi, la musica e i film di cui si è parlato. Si comincia dalla lettera «A», iniziale di America, ma – leggiamo - la lettera «A» più famosa della letteratura del Nuovo mondo è probabilmente il brandello di stoffa rossa ornato d'oro e cucito sul petto di Hester Prynne, nel romanzo di Nathaniel Hawthorne "La lettera scarlatta" (1850). La seconda voce del dizionario - «Acri (160)» - non è di immediata comprensione. Così la spiega l'autrice Cinzia Scarpino: «Allo sguardo europeo, una mappa geopolitica degli Stati Uniti appare come una sorta di piano geometrico: al di là dei monti Appalachi, le linee di confine tra i diversi Stati disegnano le forme squadrate dei cassetti di un archivio. Tale precisione catastale deriva dal famoso reticolo ("grid") proposto da Thomas Jefferson (…) e consiste nell'organizzazione amministrativa del paese in rettangoli di 6 miglia quadrate, a loro volta suddivisi in unità di 160 acri, l'equivalente di 64 ettari».

A seguire, in ordine alfabetico, troviamo il più noto «Actors Studio», il laboratorio teatrale fondato nel 1947 a New York dal regista Elia Kazan, dall'attore Robert Lewis e dalla regista e produttrice teatrale Cheryl Crawford. Il libro cita alcune delle performance che hanno reso popolari gli attori passati attraverso l'Actors Studio: «l'intensa fragilità di Marlon Brando» nei film "Un tram che si chiama desiderio" (1951) e "Fronte del porto" (1954), «la versatilità di Al Pacino, capace di dare corpo ai freddi gangster calcolatori del "Padrino" (1972) o di "Scarface" (1983), ma anche allo sconfitto protagonista di "Paura d'amare" (1991)».
Per incuriosire il possibile lettore, scegliamo un paio di altre voci significative. A pagina 185 c'è il «Destino manifesto», definizione coniata nella prima metà del XIX secolo dall'entourage democratico del presidente ed ex generale Andrew Jackson (in carica dal 1829 al 1837), per giustificare il controllo dei territori del continente di cui gli Stati Uniti avessero avuto bisogno (in particolare Oregon, annessione del Texas, cessione messicana). Il termine venne riesumato verso il 1890, questa volta dai sostenitori repubblicani, come avallo all'espansione statunitense al di fuori del Nord America. Nel secondo dopoguerra il "Manifest destiny" ha assunto nuove forme: dalla dottrina del "containment" per contrastare l'avanzata dell'influenza sovietica nel mondo, che porterà alle azioni militari in Corea e in Vietnam, fino alla più recente "esportazione della democrazia" elaborata durante la presidenza di George W. Bush (2001-2009), per motivare l'intervento volto a destituire i regimi dittatoriali in Iraq e in Afghanistan.

A pagina 546 troviamo invece la «Route 66». Scrive Cinzia Schiavini: «Il viaggio, l'essere "on the road", costituisce da sempre un segno distintivo dell'esperienza e dell'identità americana: una nazione in movimento, caratterizzata nell'immaginario collettivo di un popolo pronto a lasciarsi alle spalle il passato e a partire verso "l'altrove", spesso senza nemmeno oltrepassare i confini nazionali». La Route 66, battezzata così nel 1926 (ma asfaltata completamente solo nel 1938) è diventata la più famosa delle strade federali. In origine collegava Chicago a Los Angeles attraverso otto Stati (Illinois, Missouri, Kansas, Oklahoma, New Mexico, Arizona, Texas e California) per un totale di quasi 4 mila km. Durante la Grande depressione degli anni 30 divenne la principale via di migrazione verso il West delle famiglie contadine per sfuggire alla miseria e fu consacrata "Mother Road" della nazione americana dal romanziere John Steinbeck. Nei più prosperi anni del dopoguerra venne invece riscoperta sulle note "rhytm and blues" da Nat King Cole. Rimossa dal sistema delle "highway" nel 1984, è tornata sugli atlanti stradali come "Historic Route 66" quale percorso preferito dai turisti diretti verso le spiagge della California o interessati al Gran Canyon e alle altre meraviglie naturalistiche.

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