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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2012 alle ore 14:20.
A un anno dal varo della prima riforma - il decreto salva-Italia, nato sotto l'urgenza di traghettare il Paese fuori dalla crisi – a cui hanno fatto seguito altre sei manovre, il Governo Monti porta a casa un quarto dei provvedimenti attuativi necessari per dare piena operatività all'impianto complessivo. Se il percorso per arrivare a questo risultato è stato complicato, ora con la fine anticipata della legislatura tutto diventa più difficile.
Restano, infatti, da adottare ancora 355 regolamenti, su un totale di 476 (il 75%). Numero che, comunque, si è assottigliato rispetto allo stock iniziale, perché alcuni atti non sono più necessari poiché assorbiti da altre disposizioni. E l'ordinaria amministrazione, a cui dovrà attenersi l'Esecutivo, non aiuta perché impone vincoli precisi.
La circolare emanata da Palazzo Chigi il 21 dicembre indica i criteri a cui dovrà attenersi d'ora in poi il consiglio dei ministri: niente disegni di legge, salvo quelli imposti da obblighi comunitari, e i decreti legislativi potranno essere adottati solo per evitare che scadano i tempi imposti dalle deleghe. Soprattutto, però, per quanto riguarda i regolamenti ministeriali, la loro emanazione è subordinata al via libera della Presidenza del consiglio. Un controllo preventivo dei ministeri che rischia di frenare ulteriormente la già lenta marcia.
Tra gli atti che hanno ottime chance di arrivare al traguardo ci sono l'autorizzazione unica ambientale per le Pmi (che attende solo il via libera definitivo di Palazzo Chigi) e la banca dati dei contratti pubblici (si veda anche Il Sole 24 Ore del 24 dicembre). Più incerto è, invece, il destino delle linee guida che dovrebbero semplificare i controlli sulle imprese: il ministero della Pubblica amministrazione sta limando il testo, che dovrà andare poi alla conferenza unificata. Un iter sicuramente meno lungo di quello che attende altri provvedimenti attuativi.
Per esempio, il recente decreto dei Beni culturali sull'autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, che ha appena ricevuto il primo sì del consiglio dei ministri, ma ora deve sottoporsi al vaglio del Consiglio di Stato, della conferenza unificata e delle commissioni parlamentari, per poi ritornare a Palazzo Chigi. Un provvedimento che, insieme a tanti altri ancora all'inizio del percorso, rischia di rimanere a metà del guado, pregiudicando l'efficacia delle riforme. Anche se solo in parte, perché il Governo stima che l'80% delle manovre sia immediatamente operativo.
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