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17 luglio 2014

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Le svalutazioni frenano l'export

La fortuna italiana è la ritrovata forza dell'Europa, perché se il made in Italy oggi dovesse contare soprattutto sui mercati più remoti le soddisfazioni sarebbero davvero limitate. A marzo l'export extra-Ue è ancora una volta in calo (nel 2014 era già accaduto a gennaio), una frenata del 3,5% su base annua legata soprattutto all'effetto delle svalutazioni di molte economie emergenti e non. Eclatante il caso della Russia, con un crollo delle nostre vendite del 13,9%, costato alle imprese 130 milioni di euro di mancati ricavi rispetto allo stesso periodo del 2013.

La crisi Ucraina può aver indotto alcuni trader a maggiore prudenza ma il tema principale è la perdita di potere d'acquisto della valuta locale, il rublo, che da gennaio ha ceduto quasi il 10% del proprio valore nei confronti dell'euro, rendendo dunque più cari i prodotti del made in Italy e non solo: tra gennaio e febbraio (i dati di Mosca per marzo non sono ancora disponibili) la Russia ha importato globalmente tre miliardi di dollari di prodotti in meno. Anche l'India continua a perdere terreno, nove punti nel mese e anche dall'inizio dell'anno, con una rupia svalutata in 12 mesi del 20% rispetto all'euro.

Situazione ancora peggiore in Giappone con un crollo del 24% dell'export italiano, dato che tuttavia risente del +32% segnato nello stesso mese del 2013 e che dunque più che una frenata legata alla svalutazione (-10% lo yen rispetto all'euro in un anno), pare piuttosto il frutto di un confronto statistico sfavorevole, costato comunque alle aziende italiane 140 milioni di ricavi in meno rispetto allo scorso anno. Dal punto di vista geografico il quadro è fosco quasi ovunque, con arretramenti in Medio Oriente, America Latina e Svizzera, in quest'ultimo caso sempre a causa della frenata dei listini dell'oro su base tendenziale.

A tamponare i danni pensa però ancora una volta la Cina, tra i migliori mercati extra-Ue dall'inizio dell'anno, in crescita di 13 punti da gennaio, di 14 nel mese di marzo. Al contributo di Pechino (114 milioni di ricavi aggiuntivi) si sommano per fortuna la Turchia, tornata positiva dopo mesi di apnea – anche in questo caso a causa della caduta del potere d'acquisto interno legata alla svalutazione della Lira – e gli Stati Uniti, primo mercato extra-Ue in valore assoluto con una quota del 6,9% del nostro export. Dal punto di vista settoriale la caduta del comparto energetico (-22,7% l'export italiano) migliora un poco il quadro per la manifattura, con un bilancio addirittura positivo per le esportazioni di beni strumentali, in crescita del 5%.

Settore tonico anche dal lato dell'import, a conferma degli ordinativi in forte aumento registrati dall'Ucimu per le macchine utensili, con una crescita degli acquisti di macchinari dall'estero che supera il 12%. Il dato globale delle importazioni (-5,4%) è ancora una volta pesantemente influenzato dai numeri dell'energia, con una domanda nazionale crollata del 23% soprattutto a causa delle temperature oltre la media. Il bilancio manifatturiero è infatti esattamente opposto (+5,7%) con una crescita corale degli acquisti che abbraccia ogni categoria di beni, dai macchinari – come detto – ai prodotti di consumo, a conferma di una ritrovata tonicità della domanda interna. Il calo più accentuato delle importazioni, legato appunto al crollo dei consumi energetici, spinge ancora una volta verso l'alto il saldo della bilancia commerciale, attivo a marzo per 2,7 miliardi rispetto ai 2,5 registrati nello stesso mese del 2013.

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