Nevica su Atene. Il gelo attico, calato come una cappa di piombo sulla capitale greca, ben si attaglia all'accoglienza polare che oggi pomeriggio sarà riservata al ministro delle Finanze Yanis Varoufakis dai suoi omologhi dell'eurogruppo di Bruxelles, un'altra tappa della via crucis greca.
Una battaglia campale, quella sulla rinegoziazione del debito, in cui la parte più debole s'ingegna a escogitare strategie e contromosse che possano ribaltare a suo favore il corso degli eventi. Le menti ateniesi non hanno mai esercitato l'arte della sottigliezza come in questi giorni. «Siamo 11 milioni di cittadini-strateghi e sei milioni di capre», scherza Costantino Papantonio, responsabile per le piccole e medie imprese della Banca nazionale greca, la più grande del Paese.
Oggi alle 17, non appena Varoufakis siederà al tavolo delle trattative, le truppe del popolo ateniese si muoveranno in direzione di piazza Syntagma, sede del parlamento greco. Saranno 300mila, cinquecentomila o un milione? Le sacerdotesse che leggono gli oracoli predicono numeri da capogiro. «Varoufakis sentirà tutto il nostro sostegno: a quel tavolo di Bruxelles ci saremo anche noi», dice Despina Alexiou, insegnante d'inglese e convinta sostenitrice di Syriza.
Gli ateniesi battono i denti dal freddo e non smettono di sorridere. Due settimane fa, a pochi minuti dal suo trionfo elettorale, Alexis Tsipars aveva arringato i suoi elettori rivendicando per il suo popolo «il diritto al sorriso». Papantonio conferma. «Le facce dei greci sono tornate a sorridere perché Tsipras mostra di saper tenere fede a tutte le promesse elettorali: sia quelle di politica interna sia quella di politica estera. Il suo gradimento supera ormai il 70% per cento».
L'opposizione è ammutolita, e aspetta il primo passo falso del primo ministro o di Yanis Varoufakis. Antoni Samaras, leader di Nuova Democrazia ed ex presidente del Consiglio, viene dipinto dai greci come l'uomo che si è «inghiottito la lingua». Due sono le scelte di politica interna che sono state particolarmente apprezzate. Riportare dal gennaio 2016 il salario minimo, abbassato da Samaras in base agli impegni del Memorandum, a 751 euro.
E poi cancellare la tassa sulla casa (Enfia) per le abitazioni con un valore commerciale al di sotto dei 300mila euro. Più difficile dimostrarsi all'altezza delle travagliate trattative con Bruxelles. Atene sta muovendo tutte le sue pedine in un campo d'azione che va ben oltre i confini europei. Dalla mezzanotte scatta il conto alla rovescia che potrebbe decidere il destino della Grecia. Tsipras stanotte ha chiesto la fiducia al Parlamento greco sul suo programma politico-economico. Il sì, scontato, non potrà che rafforzarlo.
Nello stesso tempo il ministro degli Esteri, Nikos Kotzias, volava prima a Berlino e poi a Mosca. Chiaro il messaggio: se l'Europa ci scarica chiederemo aiuto a Putin e alla Cina. Una mossa che avviene nel pieno delle crasi ucraina, con Obama che preme sull'Unione europea e soprattutto su Berlino affinché sostenga Atene. «Ormai siamo diventati un caso di politica internazionale», commentano sornioni gli ateniesi. La Pizia, la sacerdotessa che leggeva gli oracoli, predirebbe che non tutto è perduto. Papantonio conferma: «Ci aspettiamo che oggi a Bruxelles qualche altro Paese del Sud Europa vada in soccorso di Varoufakis. Da soli non possiamo farcela».
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