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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2011 alle ore 21:44.

Il presidente esecutivo di Google, Eric Schmidt, non più tardi di una settimana fa se ne era uscito, nel corso del suo intervento a un evento di Salesforce.com a San Francisco, con queste dichiarazioni: «Il sistema che regola l'assegnazione dei brevetti negli Stati Uniti è terribile. Nei primi anni '90 e negli anni 2000, sono stati rilasciati un sacco di brevetti ad ampio respiro che oggi sono oggetto di dibattimenti giudiziari e che hanno dato il via a una guerra legale che sta rischiando di rallentare lo sviluppo software». Una presa di posizione forte, quella dell'ex Ceo di Mountain View – la cui soluzione, non percorribile, potrebbe essere quella di rendere pubblici tutti i brevetti di modo che siano universalmente accessibili – che ha trovato indirettamente una risposta ieri, quando il Senato Usa ha approvato il cosiddetto "Leahy-Smith America Invents Act", e cioè l'ultima versione della legge che riformerà la gestione dei "patent".

La nuova normativa, ora al vaglio del presidente Barack Obama per la firma, è stata votata in larghissima maggioranza e si tratta del quarto tentativo di mettere mano alle procedure di registrazione dei brevetti dopo quelli del 2005, 2007 e 2009. La svolta più importante che porta in essere la riforma è di principio: il vecchio modello "first-to-invent" adottato finora dall'U.S. Patent and Trademark Office, che riconosceva sostanzialmente il copyright della tal tecnologia ai reali inventori della stessa (senza curarsi di quando il brevetto sia stato effettivamente registrato), lascerà il posto al nuovo sistema "first-to-file", che premia invece chi per primo deposita il brevetto presso le autorità competenti.

Un sostanziale cambiamento dunque, caldeggiato e auspicato dalle principali aziende hi-tech statunitensi – e quindi le varie Microsoft, Google ed Apple – che nelle intenzioni dovrebbe garantire maggiore competitività alle imprese Usa. Resta ora da capire come il nuovo corso legislativo impatterà sulla guerra dei brevetti che, come noto, sta interessando come mai in passato molti nomi illustri dell'industria tecnologica e che vede soprattutto il sistema operativo Android al centro delle schermaglie legali in corso in tutti o quasi i continenti.

E sempre in tema di "patent" e di azioni collaterali all'uso strategico a fini commerciali degli stessi c'è da registrare la notizia (ufficiale) secondo cui Microsoft ha raggiunto un accordo di licensing con Acer e ViewSonic (azienda americana che produce monitor e anche tablet) per consentire a queste ultime, dietro ovviamente il riconoscimento di royalty, l'uso delle proprie tecnologie protette da brevetto nei rispettivi smartphone e tablet a piattaforma Android. Accordi in buona sostanza simili a quello che la società di Redmond ha fatto firmare nei mesi scorsi ad Htc (per intascare cinque dollari per ogni telefonino androide venduto dalla casa taiwanese) e ad altri produttori minori come Wistron, Velocity Micro, General Dynamics e Onkyo.

La riforma alla firma di Obama è sicuramente un passo in avanti ma è lecito dubitare, questo almeno il pensiero di vari analisti, che magicamente si risolva in tempi brevi la "faida" che vede contrapposte Google contro Oracle per la tecnologia Java, Apple contro Samsung e Htc per le presunte violazioni di queste ultime in campo smartphone e tablet e ancora Microsoft contro Motorola.

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