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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2012 alle ore 08:17.

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Rilevare incendi nei boschi in tempo reale: il progetto di monitoraggio ambientale nel Parco naturale di Castel Fusano attiva l'allerta per i soccorsi attraverso una rete di sensori wireless installati sul territorio per prevedere la rapidità e l'intensità nella diffusione delle fiamme. È tra i casi segnalati nel primo report «Internet of things» della School of management del Politecnico di Milano, in uscita il prossimo marzo. Che esplora alcune iniziative operative in Italia, all'interno di una galassia in rapida espansione. Ma ancora ai primi passi. Come Smart Town del Comune di Nettuno, autofinanziata con il risparmio in cinque anni sulle spese per l'illuminazione pubblica: i lampioni nella città laziale sono in grado di accendersi attraverso una gestione centralizzata a distanza che permette il risparmio energetico e semplifica la manutenzione. È un terreno di crescita per start up e spinoff universitari impegnati a investire in ricerca e innovazione. «Nascono piccole aziende specializzate per offrire tipologie di servizi legati all'internet delle cose: il grande salto sarà quando si riuscirà a definire un modello scalabile per abbattere i costi delle soluzioni e facilitare la loro diffusione», osserva Angela Tumino, responsabile dell'Osservatorio internet of things del Politecnico di Milano.
Le intuizioni tecnologiche alimentano iniziative imprenditoriali. Officine Arduino ha sede nel Fablab di Torino. È una start up che deriva da un progetto per la didattica rivolto agli studenti di design: si tratta di una scheda elettronica, Arduino, capace di semplificare l'integrazione con hardware elettronico e software. In pochi anni diventa un punto di partenza per costruire una comunità globale di tecnoartigiani in grado di sperimentare con luci, robot, strumenti musicali, installazioni artistiche, sensori. In particolare, il software semplifica l'uso da parte dei non addetti ai lavori: non bisogna essere sviluppatori informatici o ingegneri per mettere le mani nei suoi codici. «I computer più diffusi in realtà sono in oggetti come il termostato caldaia o il telecomando del televisore: finora sono sempre stati difficili da utilizzare e Arduino rende accessibile la loro programmazione», spiega Massimo Banzi, cofondatore della start up torinese che può contare sulla cultura hacker di chi esplora le opportunità delle tecnologie. È un sapere valorizzato di recente anche dai giganti dell'hi-tech. Google ha varato l'anno scorso il suo Android@home, un sistema operativo adattabile alle interazioni con le tecnologie di casa. Ibm da anni investe sul programma Smarter city. E Kinect è al centro di ricerche amatoriali e professionali per capirne l'integrazione negli ambienti domestici, condotte anche con il sostegno di Microsoft.

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