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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2012 alle ore 12:44.

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La capsula che contiene il rover marziano Curiosity sta arrivando sul suolo del pianta frenata dal più grande paracadute supersonico mai costruito. L'immagine presa dalla sonda NASA Mars Reconnaissance Orbiter, dotata di una eccezionale camera fotografica, HiRise.La capsula che contiene il rover marziano Curiosity sta arrivando sul suolo del pianta frenata dal più grande paracadute supersonico mai costruito. L'immagine presa dalla sonda NASA Mars Reconnaissance Orbiter, dotata di una eccezionale camera fotografica, HiRise.

A vederla così, senza sapere cosa sia, pare una foto normale, forse un paracadutista che si cala in una zona fra il montagnoso e il desertico, potrebbero essere i monti dell'Atlante in medio oriente o l'Afghanistan. Ma se si legge la didascalia la foto mozza il fiato per un momento: è la capsula contenente Curiosity, la sonda marziana atterrata lunedì mattina sul pianeta rosso ripresa da un'altra sonda sempre NASA, Mars Reconnaissance Orbiter, che si trovava casualmente a passare sopra a Curiosity proprio in quel momento.

Una bella fortuna e una coincidenza che ci regala un momento storico: il paracadute è il più grande mai costruito e ha dovuto sopportare uno strappo di 300 tonnellate, numero record, dato che la capsula è entrata nell'atmosfera marziana con una velocità di 20.000 chilometri all'ora con un peso di un migliaio di chili.

Incredibile guardare questa foto, ci fa pensare cosa riusciamo a fare oramai nelle tecnologie spaziali, un comparto che spesso dimentichiamo ma da cui sempre più dipende la nostra vita quotidiana. Sono decine i satelliti che ci permettono telecomunicazioni audio, video, sorveglianza della Terra, prevenzione delle catastrofi e guida ai soccorsi in caso di calamità, GPS e mille altre applicazioni. Oltretutto è un campo importante a livello economico, solo in Italia muove almeno un paio di miliardi all'anno e impiega centinaia di persone di alto livello di specializzazione.
Ma tornando a Curiosity è in ottima forma, dopo un atterraggio che è riuscito a portare a termine tutto da solo grazie alle istruzioni preprogrammate alla partenza nel novembre 2011, ha scattato le prime immagini per far vedere Marte a noi, tramite i suoi occhi elettronici.

Appare un terreno brullo cosparso di sassi, come in altre immagini marziane che già abbiamo da altre missioni, un suolo come sarebbe oggi quello della nostra Terra, il Pianeta Blu, se non fosse apparso quel fantastico fenomeno che è stato ed è la vita, sia vegetale che animale. Sarebbe così la Terra se non fosse stata alla distanza giusta dal Sole, se non avesse avuto la massa giusta per trattenere l'atmosfera e così via. Abbiamo anche la immagine del monte "Sharp", che sembra una collina marziana per la forma ma è in realtà un monte stratificato di 5.000 metri di altezza in realtà, verso cui si sta dirigendo Curiosity pian pianino.

Su Marte cerchiamo di capire se esistono, o sono esistite, le condizioni per una vita almeno microbica e per questo il rover è ben equipaggiato con 75 chili su 900 di strumentazione sofisticatissima, da laser che analizzeranno le rocce a cannoncini di protoni che le bombarderanno, ma niente paura non fanno danni, portano solo informazioni sulla composizione chimico fisica. Che ci sia acqua su Marte lo sappiamo, occorre capire se c'e' per esempio anche metano, un buon indicatore di possibile formazione di composti organici.

Dove li cercherà Curiosity questi segni Un po' dappertutto entro il vasto cratere di Gale, selezionato appositamente fra tutti i siti possibili come quello più promettente. E' un rover, una specie di dune buggy a 6 ruote motrici indipendenti, ognuna con il suo motore e trasmissione, può trarsi d'impaccio in ogni situazione e la parola che lo definisce, rover, vuol dire appunto vagabondo, giramondo. Nulla di più appropriato dato che andrà in giro per 1 anno marziano, due dei nostri, per cercare queste tracce e fornirci mille altre informazioni sul passato di Marte, che è anche un po' il nostro visto che siamo nella stessa famiglia del sistema solare.

Un gioiello tecnologico, così lo ha definito il Presidente della nostra Agenzia Spaziale Italiana, Enrico Saggese, che ha impressionato soprattutto per i sistemi di atterraggio escogitati come lo Sky Crane, una sorta di buffa gru a quattro motori a razzo che ha accompagnato dolcemente Curiosity a poggiarsi sul suolo marziano tenendola appesa come un burattino con quattro fili di Nylon.

E su Marte con Curiosity anche due chip elettronici italiani: uno voluto proprio dagli americani, contenente il codice del volo degli uccelli di Leonardo da Vinci, custodito alla Biblioteca Reale di Torino, e uno supertecnologico sviluppato dall'italiana Sitael che analizzerà l'atmosfera di quel pianeta.

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