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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2013 alle ore 19:18.

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La regina di borsa ha perso la corona. Dopo una travolgente cavalcata al Nasdaq, la Apple è tornata ad essere la seconda società al mondo per capitalizzazione, alla spalle di Exxon Mobil. All'improvviso, fra appassionati e detrattori dell'azienda californiana, è riesploso il dibattito: sta per finire un'epoca? Abbiamo provato a immaginarlo.

Un'azione di Apple a Wall Street oggi vale circa 450 dollari, a metà settembre aveva toccato i 705 dollari. Un calo di oltre il 35% che pare motivato dalla concorrenza sempre più agguerrita di Samsung e del sistema operativo Android in generale. E quindi dall'improbabilità che Apple possa mantenere gli straordinari tassi di crescita degli ultimi anni. Il picco di borsa era stato toccato con una corsa senza sosta da inizio 2012: fino a metà settembre le azioni della Mela erano salite del 73%, dopo il +34% archiviato nel 2011 e il +76% del 2010, il +113% del 2009. Mi pare che un ciclo si stia chiudendo...

Francamente, mi viene da sorridere. Il mercato ha scaricato i titoli Apple dopo l'annuncio di 13,1 miliardi di dollari di utili trimestrali: quante aziende vorrebbero perdere il 35% in Borsa in cambio di un simile risultato? Certo, il rischio che Apple assista all'erosione di quote di mercato è concreto: Android è popolare, Windows Phone non altrettanto, ma l'imminente versione 10 del sistema operativo BlackBerry pare destinata ad aggiungere pepe alla competizione. Ma la scelta del mercato (forse influenzata da un "attacco" concertato al ribasso del trading automatico) appare discutibile. La Apple ha venduto 500 milioni di dispositivi iOS, tutti quanti fatalmente legati all'ecosistema di contenuti (applicazioni, musica, cinema, libri) della casa di Cupertino. Amazon, la più diretta concorrente su questo fronte, è attualmente sui massimi storici (270 dollari, pari a una capitalizzazione di 125 miliardi). Peccato che Amazon abbia un price/earning (rapporto fra prezzo di borsa e utili) di 3.286. Quello di Apple è 10,2. In altre parole, se la Apple avesse la stessa valutazione di Amazon varrebbe circa 140mila dollari ad azione, con una capitalizzazione di 130mila miliardi di dollari. Non ti fa riflettere?

Il titolo è in discesa anche per altri motivi. Sei proprio sicuro che la Apple sia ancora «cool»? Secondo una recente ricerca di Buzz Marketing, oggi gli adolescenti americani non sognano soltanto l'iPhone, ma anche i Galaxy di Samsung e il tablet Surface di Microsoft. Samsung ci gioca, con una campagna pubblicitaria molto spinta negli Stati Uniti: il ragazzo che saluta gli amici in coda ad aspettare l'iPhone («you guys have fun», ragazzi divertitevi), allontanandosi sereno con il suo Samsung. «The next big thing is already here», conclude lo spot tivù. Fatto sta che il colosso coreano ha il 28% del mercato globale degli smartphone, secondo i dati IHS iSuppli, mentre un anno fa era al 20%. Anche Apple è cresciuta, ma molto meno: dal 19% al 20,5%. Guardando ai sistemi operativi, secondo Strategy Analytics Android oggi ha il 68,4% del mercato.

L'idea-guida di Steve Jobs non era fare prodotti «cool». Era costruire oggetti che cambiassero la vita della gente, attraverso la funzionalità, ma anche con il contributo dell'estetica. Vista la rilevanza del business mobile, quel che lo stesso Jobs aveva battezzato l'era post-Pc, è ovvio che la competizione sia forte. La quota di mercato di Apple può ancora ridimensionarsi. Ma se l'azienda riuscirà a mantenere a lungo il suo fiuto per l'innovazione e soprattutto l'elevata qualità del prodotto finale, non credo proprio che avrà problemi a mantenere la leadership tecnologica: tutti saranno ancora costretti a rincorrerla.

Ma se è la Apple che rincorre gli altri! Basta pensare all'iPad Mini, o al ventilato iPhone low cost. Sono entrambe mosse difensive. Dopo che Apple ha fatto nascere il mercato dei tablet, i concorrenti si sono attrezzati per contrastare il dominio dell'iPad. Ad esempio il Galaxy Tab da 7 pollici di Samsung. Prima Jobs ha detto «7 pollici? Giammai» e poi è arrivato l'iPad Mini. Discorso simile per l'iPhone low cost. E' solo un'ipotesi, ma anche in questo caso Apple inseguirebbe i concorrenti, che con fasce di prezzo minori conquistano quote di mercato puntando sui mercati emergenti e i consumatori che a uno smartphone chiedono internet e applicazioni, ma non per forza a 700 euro.

È forse un peccato cambiare idea? L'iPad Mini è uno straordinario successo commerciale. E quanta gente al mondo, a maggior ragione nei mercati emergenti, spera in un iPhone Mini (nel prezzo) per poter accedere alla più grande libreria di applicazioni al mondo? Cambiare idea non è un problema, se sei comunque sulla cresta dell'onda dell'innovazione.

Allora mettiamola in un altro modo: un'azienda tecnologica può mantenere il ritmo dell'innovazione in eterno? Credo proprio di no. L'iPhone 5 non ha creato l'effetto «Wow» di altre occasioni. La «next big thing» quale sarà? Nella biografia scritta da Walter Isaacson, Jobs dice di aver trovato il modo per rivoluzionare la tv. In questo caso, curiosamente, Apple entrerebbe nel mercato dove il leader è Samsung. L'iPhone è arrivato nel 2007, l'iPad nel 2010, e ora siamo nel 2013. O la Apple conferma la propria leadership nell'innovazione digitale, o è destinata al tramonto.

Se la metti così, occorre aspettare che questa televisione compaia sul mercato. Alcuni analisti se l'aspettavano già nel 2012 e, invece, a inizio 2013 non ce n'è ancora traccia. Negli ultimi dieci anni, la Apple ha trasformato il mercato della musica registrata, del cinema, della telefonia cellulare e - a dirla tutta - anche il retailing: i negozi Apple hanno una media di incassi a metro quadro che è quasi il doppio di Tiffany. Se la televisione inventata a Cupertino riuscisse a mantenere la tradizione e trasformare per sempre anche il business del broadcasting, non mi stupirei.

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