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Questo articolo è stato pubblicato il 24 gennaio 2014 alle ore 12:56.
L'ultima modifica è del 24 gennaio 2014 alle ore 16:05.

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Buon compleanno Macintosh. Il computer-simbolo di Apple, fondata da Steve Jobs e Steve Wozniak nel 1976, compie oggi 30 anni. L'anniversario, che gli appassionati della casa della Mela morsicata festeggiano tradizionalmente quando ricorre la data dell'unica messa in onda dello spot "1984", trasmesso durante l'edizione 1984 del SuperBowl americano (22 gennaio) e la sua presentazione ufficiale (24 gennaio), è importante. Infatti, a distanza di trent'anni si capisce come il lancio del Macintosh abbia cambiato la storia dell'informatica e, nel suo piccolo, anche lo spot "1984" abbia avuto un ruolo nell'evoluzione del linguaggio pubblicitario.

Partiamo proprio dallo spot, il primo "segno" dell'esistenza del Macintosh che il pubblico americano ebbe la possibilità di vedere. Trasmesso durante la diciottesima edizione del SuperBowl, il media event televisivo che per decenni ha tenuto il record di audience negli Stati Uniti, lo spot è stato realizzato da tre fra i grandi nomi del settore pubblicitario (Steve Hayden, Brent Thomas e Lee Clow) dell'agenzia Chiat\Day, che ha curato per decenni la comunicazione commerciale di Apple (sua anche la campagna Think Different del 1997). Lo spot aveva anche la particolarità di avere come regista Ridley Scott, il regista inglese divenuto molto famoso l'anno prima per aver firmato Blade Runner, uno dei più importanti film di fantascienza di sempre.

Immaginato in un universo alternativo, in cui un Grande Fratello (interpretato dall'attore di teatro David Graham) domina un mondo ingrigito di cittadini-utenti, lo spot inizia con la corsa di una giovane ragazza bionda con maglietta bianca e pantaloncini rossi, l'unico soggetto colorato di tutto lo spot (interpretato dalla lanciatrice del peso Anya Major) inseguita da un gruppo di poliziotti in tenuta anti-sommossa. Arrivata davanti al mega schermo che trasmette il videomessaggio del Grande Fratello, la ragazza scaglia un martello che sfonda il vetro e interrompe la trasmissione, liberando il pubblico di cittadini-utenti dal lavaggio del cervello a cui sono sottoposti. Lo spot, che non mostra mai il prodotto realizzato da Apple e che è a tutti gli effetti un bel cortometraggio d'autore di un minuto, si chiude con la didascalia: «Il 24 gennaio Apple presenterà il Macintosh. E vedrete perché il 1984 non sarà il "1984"».

Il riferimento con cui gioca tutto lo spot è il romanzo del 1948 di George Orwell, che immagina il mondo del futuro dominato dalla dittatura del Grande Fratello, in cui tutti i cittadini si spiano a vicenda e la storia, assieme alla lingua, viene costantemente riscritta per impedire anche solo di avere pensieri sovversivi. Lo spot riesce a cogliere questo aspetto orwelliano e a declinarlo per dare un tono, oggi si parlerebbe di "story telling" del prodotto, che faccia capire come il Macintosh non sia solo una rivoluzione ma un vero e proprio strumento di liberazione.

A prescindere che lo sia stato o no, il Macintosh (il nome deriva da una qualità di mele californiane, e crea un gioco di parole con Apple, il nome dell'azienda) è comunque il primo personal computer commercializzato su larga scala con interfaccia basata su icone, finestre e menu, e che presenta di serie oltre alla tastiera anche il mouse. Inoltre, Apple bada bene di produrre una serie di comunicazioni pubblicitarie che hanno lo scopo non solo di presentare il Mac, ma anche di mostrarne il funzionamento: il marketing dell'azienda si doveva anche inventare la spiegazione di come funzionasse un mouse, oppure di come si potessero gestire e icone e i software ad esempio per la realizzazione di disegni, come MacPaint. Su Time Apple pubblicò una campagna di decine di pagine di pubblicità che monopolizzarono le inserzioni di un intero numero. A tutt'oggi lo spot di Apple, 1984, viene considerato uno dei migliori di sempre per il linguaggio di comunicazione di pubblicitaria e il migliore in assoluto del SuperBowl.

Nel 1984 era già terminata da tempo l'epoca dei primi computer per casa sperimentali, nel 1981 IBM aveva definito lo standard del P.C. (registrando oltretutto la sigla del Personal computer) e con Microsoft era iniziata una alleanza che avrebbe portato l'azienda di Seattle fondata da Bill Gates e Paul Allen a dominare per un ventennio il mondo dell'informatica personale. Tra le altre cose, Bill Gates e la sua Microsoft avevano iniziato a collaborare come fornitori di software per Apple sin dagli anni Settanta, e in seguito molta della ruggine tra le tifoserie delle due aziende deriva dall'idea che Gates, avendo accesso completo ai lavori preliminari di realizzazione dell'interfaccia del Macintosh (e del precedente Lisa del 1983) avesse avuto modo di copiare dentro Windows lo stile e le logiche di funzionamento del sistema operativo realizzato da Steve Jobs e dai suoi, che a loro volta avevano "preso" dagli studi sull'interfaccia del Parc di Xerox, grazie a un piccolo investimento fatto da Apple per avere accesso.

Il Macintosh era un computer rivoluzionario per molti motivi. A partire dalla scelta di utilizzare l'interfaccia grafica, ma anche per la scelta di rendere piccolo, compatto, potente e, dopo la prima versione, abbastanza espandibile il computer. La possibilità di utilizzare software con finestre e restituzione a video immediata di quel che si fa, l'uso di connessione Ethernet, i floppy disk "rigidi" da 3,5 pollici di Sony, la compatibilità con formati di stampa PostScript e con le prime stampanti laser (introdotte sempre da Apple), fecero del Mac lo strumento scelto dai grafici per la realizzazione di pubblicazioni e giornali, abbattendo radicalmente i costi di produzione e aprendo quella che viene definita la "desktop publishing revolution", la rivoluzione della stampa basata su computer. Nel biennio 1984-1986 infatti cambiò per sempre il modo di lavorare del mondo dell'editoria, che non è più sostanzialmente mutato, perlomeno sino all'arrivo di internet e della pubblicazione direttamente digitale.

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