L'aiuto europeo alla Grecia non è più un tabù, mentre la Germania studia pacchetto di misure di salvataggio. Giovedì il vertice dei capi Ue. Il presidente Van Rompuy si prepara ad avanzare alcune proposte. Resta il problema della frammentazione delle politiche economiche


L'Europa è pronta a correre in aiuto della Grecia, mentre la Germania starebbe
preparando un pacchetto di salvataggio per Atene, da presentare (forse) già domani al Bundestag. «Bisogna prendere le misure necessarie perchè si possa fornire sostegno ad un Paese», ha detto Olli Rehn, che da domani sarà il nuovo commissario Ue agli Affari economici al posto di Joaquin Almunia. «Stiamo parlando di sostegno nel senso ampio del termine», ha proseguito: «Sono certo che nei prossimi giorni vedremo una discussione e delle decisioni in questo senso». Nella tarda serata di martedì fonti del governo tedesco hanno ammesso che misure di sostegno alla Grecia sono allo studio, ma nessuna decisione è stata aconra presa. Secondo un deputto della Cdu, il Bundestag sta valutando l'ipotesi di un prestito bilaterale a condizioni «molto stringenti». Altra ipotesi sul tappeto è la garanzia sulle emissioni di debito pubblico di Atene.

Insomma, a due giorni dal Consiglio Ue di giovedì, in cui si parlerà proprio della crisi greca e degli attacchi contro l'euro, l'Ue si mobilita per cercare di disinnescare una situazione potenzialmente esplosiva. E l'attesa per il summit diventa, così, sempre maggiore. Un vertice dei capi di Stato e di governo dell'Unione, dove il presidente dell'Unione europea, Herman Van Rompuy, presenterà diverse proposte: dalla vigilanza europea rafforzata sulle politiche economiche dei governi fino agli incentivi comunitari per i paesi che rispettano gli impegni per migliorare la crescita potenziale e la posizione competitiva. Tutte riforme che gli operatori attendono proprio a causa del nervosismo e delle difficoltà attuali del mercato.

La giornata di martedì, in realtà, ha segnato una pausa negli attacchi speculativi che nella scorsa settimana avevano colpito la Grecia, la Spagna e il Portogallo, alle prese con la complicata gestione delle emissioni di titoli di stato. Il "termometro" delle difficoltà, i credit default swaps, infatti hanno fatto registrare una generalizzata riduzione degli spread dei rendimenti dei paesi in questione rispetto al Bund tedesco, considerato il benchmark. Il cds quinquennale greco, per esempio, nel primo pomeriggio aveva ridotto lo spread a 390 punti base, 35 in meno rispetto a lunedì. Il motivo, secondo gli operatori di mercato, è proprio la scommessa di un intervento a favore di Atene: un'ipotesi che, viste le notizie in arrivo da Berlino e Bruxelles, sembra prendere concretamente corpo.

Ma la situazione rimane difficile. A dimostrazione del livello di nervosismo sui mercati, oltre che del crescente clima di attesa sul vertice di giovedì, un episodio apparentemente secondario che tuttavia ha contribuito al rafforzamento dell'euro oltre la soglia di 1,37 dollari nella mattinata di martedì. Il presidente della Bce, Jean Claude Trichet, è rientrato in Europa da Sydney in Australia, dove si trovava per un seminario con i banchieri centrali dell'est asiatico e del Pacifico previsto per mercoledì e al quale per la Bce partecipa anche Lorenzo Bini Smaghi. Un portavoce della banca centrale australiana ha spiegato che Trichet stava rientrando per prendere parte a un consiglio straordinario della Bce sulla crisi dei mercati periferici dell'Eurozona. Francoforte ha subito chiarito che il rientro era legato invece alla partecipazione al vertice Ue di giovedì. Una fiera degli equivoci, non aiutata dallo slang comunitario che definisce "informale" un vertice che in realtà rientra nella normale routine dei semestri Ue. In realtà è prassi che il presidente della Bce partecipi ai vertici dei capi di stato e di governo della Ue. Se c'è qualcosa di straordinario è che il vertice si terrà in forma ristretta: non è prevista la presenza dei ministri degli Esteri, né quelli dell'Economia e neppure i governatori delle banche centrali nazionali, come invece accade di solito.

Il problema di fondo dell'Unione monetaria
Al di la delle novità di oggi, e della inedita "location" per il summit, convocato non nella sede istituzionale del consiglio, il palazzo Justus Lipsius, ma nella piccola Biblioteca Solvay, sullo sfondo rimangono problemi irrisolti.

Il nodo dell'Unione monetaria resta sostanzialmente immutato anche dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona: la frammentazione della gestione della politica economica, a cui fa da contraltare la gestione univoca della moneta da parte della Bce. Superare questa frammentazione sarebbe il vero salto di qualità verso una maggiore compattezza economica dell'area euro. Tuttavia il presupposto indispensabile - una cessione di sovranità i materia di conti pubblici da parte delle capitali ad un governo europeo più forte - appare al momento sostanzialmente improponibile.

Intanto, in vista del vertice, la Commissione Ue fa pressione sui governi chiedendo di individuare «la via d'uscita dagli effetti immediati della crisi» e di intraprendere «un'azione coraggiosa» per evitare «la trappola di un decennio di crescita economica apatica e di alta disoccupazione che ridurrebbe il nostro standard di vita, creerebbe enormi tensioni sui nostri sistemi sociali e diminiurebbe il ruolo dell'Europa nel mondo».

«La crisi - afferma la Commissione Ue che proprio oggi vede l'insediamento del Barroso II - ha drammaticamente cambiato le prospettive complessive» dell'Europa, col Pil crollato del 4% nel 2009 e la produzione industriale del 15%, «tornando ai livelli del 1990». Risultato: dal 2008 ad oggi sono 4,5 milioni in più le persone senza lavoro, con un tasso di disoccupazione al 10%. Il che significa più di 23 milioni di disoccupati, «livello che non si registrava dai primi anni '90». Un bilancio che potrebbe peggiorare senza le adeguate contromisure.

Sul fronte dei conti pubblici, poi, «è essenziale che gli Stati membri attuino programmi di risanamento ambiziosi, che nella maggior parte dei casi partiranno nel 2011 ma che dovranno durare parecchi anni», con sforzi che dovranno essere «ben al di sopra di quelli richiesti negli anni '90 per preparare l'adesione all'area dell'euro».

Buoni propositi e programmi a medio termine che dovranno superare la prova dei mercati.

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