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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2013 alle ore 07:08.

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Andavo strada per strada, negozio per negozio e chiedevo: «Avete un lavoro per me?». E un signore francese che aveva una boutique su Madison Avenue, che non esiste più, disse: «Io devo dipingere tutto il mio basement». Mi ha detto: «Prendi e fai». Io ho mentito, ovviamente. Mi hanno detto: «Sai farlo?», e io: «Certo che lo so fare». Dopo un po' mi hanno detto: «Se ne vada», mi hanno pagato... Poi ho trovato lavoro in un negozio di scarpe che era due volte più avanti rispetto a questi, io andavo sempre in zone buone, Madison Avenue...
INTERVISTATORE
Di chi eri ospite?
MONDA
La questione del dove abitavo è legata a un capitolo importante che ti voglio raccontare. Trovai un lavoro come stock boy – ovvero quel ragazzino che nei negozi di scarpe o simili prende la mercanzia dallo scantinato e la porta al superiore di grado che è quello che mette le scarpe al cliente – e io dovevo fare decine di volte al giorno dal piano di sotto al piano di sopra a portare scarpe. Siccome ero negato anche in questo, nonostante non fosse un lavoro altamente intellettuale, il padrone del negozio, che si chiamava Baku ed era un indiano, quando sentiva che io nelle scale facevo cadere diciotto scatole, diceva, e io lo sentivo dal piano di sotto: «Povero povero Baku», commiserando se stesso per aver assunto questo sciagurato che faceva quel disastro… E lì ho avuto un piccolo glimpse, come si dice qua... Già ero innamorato di New York, ci volevo restare, ma quella volta ebbi il glimpse delle star, del glamour, perché in quel negozio entrarono Ingrid Bergman e David Bowie a comprare delle scarpe...

INTERVISTATORE
Insieme, spero.
MONDA
No no, in momenti successivi. David Bowie credo per la moglie, una bellissima donna; Ingrid Bergman invece per sé: io andai tutto emozionato a portarle queste scarpe. Mi hai chiesto dove alloggiavo. Un amico carissimo, che era un collega di mio padre, nello studio legale di mio padre, un importante avvocato di Roma, era proprietario di un palazzo che aveva degli appartamenti vuoti, e lui mi fece abitare lì. Ci ho vissuto per due anni. Poi, dal 1979-1980 fino al 1994, anno in cui mi trasferisco a vivere a New York, ci sono venuto quasi ogni anno perché innamorato della città. Nel 1985 conosco quella che è diventata mia moglie, la mamma di tre figli, girando documentari... Ogni volta m'inventavo lavori da fare...
INTERVISTATORE
E quanto stavi ogni anno?
MONDA
Da uno a tre mesi. In questo periodo quella casa non era più nella mia vita perché andavo dove capitava, da amici eccetera. Poi, nel 1994, quando ormai ero sposato e con le prime due figlie, mi trasferii definitivamente a New York perché non mi piaceva più stare in Italia: era un momento difficilissimo, non molto diverso da quello che stiamo vivendo adesso, con gli attentati mafiosi, tangentopoli, anni terribili; io me ne sono andato anche perché avevo l'opportunità di avere la Green Card.

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