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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2013 alle ore 07:08.

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Poi però devi dimostrare di essere qualcosa di più perché l'università ti prende a vita: la tenure è l'unico esempio nella cultura americana di contratto a vita. È una difesa della tua libertà intellettuale. Io ho presentato le pubblicazioni dei miei libri, nel 2003 avevo già cominciato a scrivere i miei articoli... le cose che avevo girato, i documentari, le pubblicità...
INTERVISTATORE
Anche pubblicità?
MONDA
Sì sì, non ero un genio della pubblicità ma ho fatto anche quelle per la De Cecco... 1989, 1990, 1991, quando facevo il cinema... Poi devi fare una serie di interview, ti interrogano, vengono a vedere in classe come insegni e poi chiedono delle evaluation esterne che sollecitano loro e delle evaluation che puoi sollecitare tu, devi portare delle lettere a garanzia. Io le ho chieste a chi conoscevo: alla Sontag, a Ermanno Olmi, Gillo Pontecorvo e Martin Scorsese.
Nel frattempo cominciavo a fare il lavoro dell'organizzatore culturale, mi sono inventato dei festival...
INTERVISTATORE
Quando è iniziato?
MONDA
Nel 1996, 1997. Sono andato con molta faccia tosta, con il biglietto da visita con adjunct professor cancellato, al MoMa dicendo che ero un professore e che volevo organizzare delle mostre. E lì mi ha aiutato molto Gillo Pontecorvo, che non solo ha scritto la lettera per me, perché all'epoca era presidente di Cinecittà: lui mi diede carta bianca per organizzare delle mostre sul cinema italiano per valorizzare il cinema italiano. Non avevo un contratto, mi davano dei compensi forfettari ogni volta che c'era una mostra.

La mia idea è mettere insieme il passato e il presente, cioè facciamo una retrospettiva, dico per dire, su Visconti, però cerchiamo di vedere chi sono oggi i nuovi Visconti, se ci sono. Ne ho fatte decine di mostre così. La mia strategia da sempre, anche nei libri che faccio, quando faccio i libri con le interviste ai "grandi", è partire sempre dal più forte. Quando ho scritto il dialogo sulla fede [Tu credi?, Fazi 2006] sono partito da Saul Bellow, per un motivo molto banale: avevo il privilegio di conoscerlo. E ho pensato: «Se c'è Saul Bellow gli altri mi diranno tutti sì». Stavolta con le interviste per il libro appena uscito [Il paradiso dei lettori innamorati, Mondadori 2013] sono partito da Roth. Io andavo al MoMa e gli dicevo: «Gillo Pontecorvo mi dà le copie, quindi state tranquilli che le copie ce le avete, io voglio curarlo». E dico: «Io a parlare di Visconti vi porto Michael Cimino (8), che è un grande appassionato di Visconti...». Alla NYU poi dicevo: «Io domani ho la mostra al Lincoln Center, venite». È tutto collegato: quando dici network… questo è l'elemento nobile del network. Cosa faccio: io conosco i fratelli Cohen (9) e li ho invitati qui a lezione a parlare con gli studenti e ovviamente gli studenti sono tutti felici, poi li ho invitati al Festival del Cinema di Roma. Allora qual è il meccanismo? Prima devi farti conoscere e devi saper conquistare il tuo interlocutore, e lo conquisti con la sincerità: ho capito che in America ti perdonano tutto ma non la menzogna, devi essere sincero e devi essere affidabile, tu dici una cosa e la mantieni – la professionalità quindi –, e poi devi costruire con delle idee. Io ho costruito grandi retrospettive.

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