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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2014 alle ore 07:40.
L'ultima modifica è del 25 febbraio 2014 alle ore 15:43.

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«Alla giugulare» però è vostro?
Sì, può darsi... No, ma comunque lui non aveva mai forme cruente: lui veniva da un giornalismo degli anni Quaranta-Cinquanta che era più ridondante e mai cruento, mentre noi oggi possiamo parlare una lingua che è più vicina al linguaggio con cui si comunica normalmente, lui non avrebbe mai fatto così... Giordani sapeva la Divina Commedia meglio di Natalino Sapegno, aveva una cultura classica pazzesca, oggi non ci sono più giornalisti così, questa gente degli anni Cinquanta-Sessanta scriveva un italiano che oggi non si legge più e fa solo bene andarli a rileggere: il numero di vocaboli, come sono costruite le frasi, quella è letteratura italiana e lui era un eccellente giornalista che però aveva una modernità spaventosa e continuava a influenzare la sua lingua con la terminologia americana...
Lui traduceva dall'inglese frasi che in italiano non si utilizzano, per esempio «To make waves», «fare onde» [far casino, ndr], e noi leggevamo una frase che in italiano non aveva senso, che ne so, per esempio «Bruce Flowers fa onde a Notre Dame» e dicevamo «Ma che cazzo è "fare onde?"». Soltanto poi, apprendendo che in inglese si diceva «To make waves» dicevamo «Ah, ecco!». Quindi quella frase che in italiano non aveva senso, lui la introduceva, creando uno slang. Noi abbiamo fatto esattamente la stessa cosa. Non si può spiegare l'influenza di quell'uomo, è enorme.

Quali insegnamenti fondamentali vi dava?
Lui diceva: «Lo sport è attualità. Se noi usciamo il martedì non parlate della partita: dovete già pensare a quella successiva», cosa che non riusciva veramente a spiegare ai suoi corrispondenti, ma diceva a noi sul posto: «Non scrivete un pezzo sulla partita, perché lo leggeranno martedì o mercoledì, è passato».

Ritorniamo agli anni Settanta: è vero che tu giocavi nella squadra allenata da Tranquillo o è una leggenda?
Sì, ma dopo, sì... Flavio originariamente è il mio cambio, il playmaker in quella stessa squadra, ma – come, immagino, un Van Gundy della situazione – capisce che è meglio fare l'allenatore. E diventa il nostro allenatore.

Poi va pure a fare l'arbitro...
Anche io ho fatto l'arbitro: era obbligatorio all'epoca... Cioè, se tu ti volevi formare nel gioco secondo noi era fondamentale, a parte che si guadagnavano qualche centinaia di migliaia di lire, che potevano sempre far comodo: io mi ricordo tantissime domeniche mattina ad andare ad arbitrare le donne a Vanzago, a Parabiago, alle dieci la partita femminile dove facevano delle robe tragiche, mi presentavo con il mio vestito da arbitro del Csi con le righe verticali arancioni e blu. L'idea era questa: dovevi formarti e formarsi voleva dire arbitrare... Flavio ha questa cultura di gioco spaventosa, l'attenzione e la cultura della regola [imita la voce di Tranquillo, ndr], perché Flavio commenta la partita col regolamento lì...

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