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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2010 alle ore 20:48.
Fuori la chimica sporca e dentro l'idrogeno. Il futuro del polo chimico di Marghera sembra andare in questa direzione, almeno a giudicare dall'inaugurazione in grande stile per la prima centrale elettrica ad idrogeno al mondo, costruita dall'Enel proprio a Fusina, nella gronda lagunare, dove si affacciano gli impianti - per lo più dismessi - del maggiore polo chimico europeo.
A Fusina c'era già la centrale termoelettrica "Palladio" dell'Enel; a due passi gli impianti del Petrolchimico che come elemento di risulta dei processi industriali producono proprio l'idrogeno. Ironia della sorte: allo stato attuale della ricerca, se le industrie chimiche non producessero idrogeno come "scarto" di lavorazione, questo tipo di energia pulita non esisterebbe perché totalmente diseconomico.
LA CENTRALE AD IDROGENO
Cinquanta milioni di euro di investimento (5-6 volte il costo di una centrale normale), cinque anni di lavoro, una potenza di 16 Megawatt totali (12 prodotti dalla turbina ed altri 4 Mw recuperati sfruttando il calore dei fumi di scarico); con i suoi 60 milioni di chilowattora l'anno di energia l'impianto di Fusina può soddisfare il fabbisogno di 20mila famiglie e – questa è la parte migliore - senza emissioni in atmosfera. Con quest'opera Enel partecipa al progetto "Hydrogen Park" voluto dagli Industriali di Venezia col supporto di Regione Veneto e Ministero dell'Ambiente. Obiettivo è creare il più grande parco sperimentale per la realizzazione di un'economia basata sull'idrogeno. Marghera insomma dovrebbe diventare uno dei punto di riferimento a livello internazionale per la ricerca sull'energia pulita.
AUTONOMIA ENERGETICA
All'inaugurazione della nuova centrale di Fusina gli amministratori locali hanno fatto a gara per esserci, perché la questione energetica in Veneto è una partita importante: il fabbisogno elettrico della regione si è attestato, nel 2009, intorno ai 30mila Gigawattora, metà dei quali prodotti in loco attraverso centrali termo ed idroelettriche e uno 0,2 per centro da fonti rinnovabili come l'eolico e il fotovoltaico. Ma il governatore Luca Zaia, seguendo le sue aspirazioni federaliste anche in materia energetica, ha posto già lo sguardo oltre la nuova centrale ad idrogeno per concentrare l'attenzione su quella ben più potente di Porto Tolle, nel rodigino.
IL CARBONE DI PORTO TOLLE
Là, nel delta padano, l'Enel sta riconvertendo a carbone la vecchia centrale termoelettrica ad olio combustibile. L'impianto in questo caso comporta un investimento di circa 2,5 miliardi di euro ma la produzione di elettricità, a regime, renderà il Veneto energeticamente autosufficiente. «Con Porto Tolle il bilancio energetico del Veneto andrà a pareggio – ha annunciato il governatore con orgoglio - ossia si consumerà quello che si produrrà». Senza contare che per i cinque anni di lavori previsti (che dovrebbero iniziare nel 2011) saranno impiegati circa 700 operai e nell'indotto la centrale darà lavoro a circa 3mila persone. «La centrale di Porto Tolle e quella di Fusina sono un investimento per la Regione e per l'Italia», ha aggiunto l'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti.