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Sul nucleare golden share al governo. Certificati verdi più difficili per le rinnovabili

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2010 alle ore 08:04.

Tagli di spesa e maggiori entrate, ma anche "facilitazioni" – promette il governo nel decreto manovra – per la soluzione dei problemi cronici delle nostre infrastrutture, nell'energia ma non solo.

Per aiutare anche qui lo stato a stringere i cordoni della borsa arriverà (comma 6 dell'articolo 15) un canone aggiuntivo sulle concessioni idroelettriche, mentre verranno ridimensionati non poco (articolo 45) i finanziamenti al mercato dei certificati verdi, eliminando l'obbligo di ritiro di quelli eccedenti ora imposto al Gse, il gestore dei servizi energetici.

Ma ecco intanto una doppia spintarella al nuovo nucleare italiano. La Sogin, che si occupa di gestire e smaltire il materiale radioattivo da dismettere, non verrà più smembrata per lasciare spazio a società miste pubblico-privato, come prevedeva la legge "sviluppo" varata la scorsa estate, quella che tracciava appunto il nostro ritorno all'atomo. Il governo (comma 23 dell'articolo 7) ci ripensa. La Sogin torna quella di prima. Verrà semmai rivitalizzata. Il commissariamento in atto viene interrotto e il nuovo Cda di cinque membri sarà nominato entro un mese.

Certo, per sveltire il lento percorso del nostro rinascimento atomico (l'esecutivo non è riuscito neanche a partorire lo statuto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, che la legge "sviluppo" imponeva fosse varato entro il 15 novembre dello scorso anno) ci vuole altro. Ecco allora un provvedimento che cambia profondamente le regole del gioco tra governo e conferenza dei servizi, rafforzando quanto già disposto nella legge "sviluppo".

Mai più snervanti trattative tra governo e altre amministrazioni sulle grandi opere di interesse nazionale (le centrali nucleari ma non solo). Se i confronti e le mediazioni non sortiranno una soluzione in tempi compatibili il governo si riserverà una decisione autonoma e si procederà comunque. Questo il significato dei nuovi aggiustamenti alla legge 241 del '90 previsti con l'articolo 49 del decreto manovra. Che prevede anche una spolverata di tecnologia e di semplificazione amministrativa con il via libera (articolo 51) alle ricariche delle auto a metano nel garage di casa, come preannunciato qualche settimana fa dal ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli.

La probabile accoglienza in parlamento di tutto ciò? Incerta, come sempre accade quando si modificano gli equilibri dei poteri amministrativi e quando si incide su entrate e spese pubbliche. Tant'è che i rappresentanti delle categorie interessate sono già al lavoro con il loro armamentario di altolà e proteste.

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Ancora non si fanno sentire i titolari delle concessioni idroelettriche. Prudenza obbligata dal fatto che per ora esiste solo il principio: arriveranno canoni aggiuntivi «finalizzati alla tutela ambientale». Varranno retroattivamente per tutto il 2010, ma devono ancora essere definiti sia nell'entità che nell'allocazione per tipologia e territorio. Si sa solo che saranno proporzionati «alla potenza nominale media degli impianti». Si provvederà - dispone il decreto - con un Dpcm su proposta del ministero dell'Economia di concerto con i ministeri dello Sviluppo e dell'Ambiente oltre che della conferenza unificata. A quel punto le voci si alzeranno.

Immediate invece le proteste per l'abolizione dell'obbligo di ritiro dell'eccesso di certificati verdi da parte del Gse. Il ritiro, introdotto con la finanziaria 2008, ha gettato nel panico gli imprenditori delle rinnovabili e le loro associazioni. Che succederà con l'eliminazione del "paracadute" che consente di produrre le certificazioni senza troppo preoccuparsi se il mercato è in grado di assorbirle? Il settore sarà messo in ginocchio e la stessa strategia italiana per il rispetto degli impegni di Kyoto traballerà, tuonano le associazioni. Che puntano l'indice sull'ennesima manifestazione del Far West normativo che caratterizza la legislazione italiana sull'ambiente e le energie verdi.

Va detto che il provvedimento in realtà non ha direttamente a che fare con la spesa pubblica: il sistema dei certificati verdi si autofinanzia, infatti, con una specifica voce sulla componente "A3" delle bollette.

Qualche incognita anche per il provvedimento, apparentemente meno problematico, che dà il via libera alle ricariche domestiche delle auto a metano. La norma rimuove un divieto assoluto fondato su ragioni fiscali, che riguardano il diverso regime di tassazione del gas a seconda degli usi, e di sicurezza. Le installazioni dovranno rispondere a precisi criteri e dovranno essere effettuate da ditte certificate. Ma proprio in nome della "sempificazione" le pratiche burocratiche non dovranno essere troppo pesanti: è tra l'altro previsto che non sarà necessario il certificato prevenzione incendi. Gli altri abitanti del palazzo "con ricarica" si fideranno?

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