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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2011 alle ore 18:33.
PRINCETON – Quando diventa legittimo mentire? E la menzogna può essere in certi casi virtuosa? Nella tradizione machiavellica, la menzogna è a volte giustificata da riferimenti alle alte necessità dettate dal mestiere della politica e a volte dalla pretesa che lo stato rappresenti il bene pubblico ed un livello più elevato di moralità. Questa tradizione è ora di nuovo in auge con il ritorno nei dibattiti della questione della falsità politica.
Il Ministro Tedesco della Difesa, Karl-Theodor zu Guttenberg, è stato costretto a dire la verità riguardo al plagio della sua tesi di dottorato, o la sua bugia era in questo caso giustificata dal ruolo importante che svolgeva all’interno del governo? L’invasione dell’Iraq di Saddam Hussein da parte degli Stati Uniti nel 2003 può essere ritenuta illegittima in quanto basata sulla falsità di informazioni legate alla presenza di armi di distruzione di massa? E gli anti-abortisti statunitensi possono essere giustificati per aver ingaggiato degli attori con storie false da inviare agli uffici dell’ente Planned Parenthood con lo scopo di screditare i loro oppositori?
La variante economica del machiavellismo è potente tanto quanto la pretesa che la falsità politica sia virtuosa. Sembra che mentire o nascondere la verità in alcune circostanze possa rendere le persone più ricche. L’inganno può essere una fonte di conforto, così come ci si può sentire a proprio agio in un cumulo di bugie.
Uno degli esempi più eclatanti riguarda la Grande Depressione, un’epoca alla quale i policymaker fanno spesso riferimento nel tentativo di farsi una ragione del periodo successivo alla crisi del 2007. Negli anni ’30 diversi paesi subirono degli assalti agli sportelli bancari che causarono danni enormi ed immediati, provocando la crisi dell’occupazione in seguito al fallimento dei business meritevoli di credito.
Ci fu solo un’eccezione nella storia dell’epoca della depressione e degli assalti agli sportelli: l’Italia, dove il governo fascista di Mussolini controllava la stampa, compresa la stampa finanziaria. Sebbene le principali banche italiane fossero costruite sullo stesso modello di quelle di Austria e Germania, il cui crollo aveva provocato una conflagrazione globale, e sebbene le banche italiane fossero insolventi, la stampa non si occupava di queste problematiche. Il giornalismo finanziario era rassicurante, non c’era alcun panico nel settore bancario ma solo una lieve depressione.
Dato che, in generale, la fiducia ha un ruolo preponderante nelle crisi finanziarie, l’esempio di Mussolini prese piede immediatamente. Gli stati potevano creare, in modo apparente, quasi magico, la sicurezza e la fiducia semplicemente imponendole. Ad Adolf Hitler piaceva dire che la ragione ultima della stabilità del Reichsmark fossero i campi di concentramento.
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