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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2011 alle ore 16:37.

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Expo 2015Expo 2015

Due giorni fa in consiglio comunale il sindaco di Milano Letizia Moratti ha sottolineato più volte la dimensione internazionale di Expo 2015, che il percorso avviato non si esaurirà nel 2015 e che il progetto «vuole accogliere le esperienze di altri paesi per dare risposte al mondo... per vincere le sfide per una alimentazione sana e sicura». Un'analisi che collima con il consuntivo che si può fare guardando a quanto accaduto dopo il 31 marzo 2008, quando il Bie assegnò a Milano l'edizione 2015 dell'esposizione universale.

Tre anni, in cui l'organizzazione dell'evento è progredita più sul fronte internazionale che su quello domestico, in cui si sono raccolti più risultati sul fronte delle relazioni che per quanto concerne la realizzazione del sito espositivo. In 36 mesi sono stati sottoscritti decine di protocolli e accordi di collaborazione con vari soggetti e istituzioni, dalla Fao al ministero delle Politiche agricole, da Confagricoltura all'associazione banche estere. Si è superato l'esame del Bie il 23 novembre con il via libera al dossier di registrazione. Da allora sono già arrivate 14 conferme di partecipazione. Un risultato mai verificatosi nelle edizioni passate, come sottolinea la società di gestione dell'evento. A ragione, quindi, il sindaco Moratti ha potuto affermare lunedì che «Expo viene considerata con grande interesse a livello internazionale».

Il problema è che sul fronte operativo interno le cose non sono progredite con lo stesso passo e più di una questione rimane aperta. Innanzitutto c'è la vicenda delle aree che non ha ancora trovato soluzione. Oggi il tempo limite è stato abbondantemente superato, tanto da costringere Giuseppe Sala, l'amministratore delegato di Expo 2015 Spa a rivedere la tabella di marcia prevista per i lavori sui terreni. L'attività non partirà a giugno-luglio come previsto ma solo in autunno. Da sempre critica, inoltre, è la questione dei finanziamenti che i soci di Expo 2015 Spa (governo, regione, comune, provincia e camera di commercio di Milano) devono versare annualmente. Già l'anno scorso arrivarono in ritardo rispetto alle scadenze prestabilite e nel 2011 sta andando in scena lo stesso copione. Però senza la certezza della copertura finanziaria la macchina organizzativa non può muoversi con tranquillità e nel rispetto dei tempi ipotizzati. In più si deve provvedere a ricapitalizzare la società perché ha eroso oltre un terzo del capitale. Rispetto all'anno scorso iniziano a emergere difficoltà da parte di alcuni soci a far fronte agli impegni presi. La Provincia di Milano, in primo luogo, che non sa come far quadrare il bilancio, e la Camera di commercio che, come da statuto, non può effettuare investimenti in immobili non funzionali alla sua attività. Una precisazione che secondo alcuni osservatori cela in realtà la difficoltà dell'ente camerale a far fronte agli impegni presi, al pari della provincia. L'assemblea dei soci convocata il 21 marzo è andata deserta e si confida nel prossimo appuntamento previsto per il 15 aprile (a pochi giorni dal nuovo esame del Bie) ma in prospettiva il quadro potrebbe peggiorare dato che le quote da versare nei prossimi anni saranno più onerose. In alto mare anche la collaborazione con la Rai che dovrebbe concretizzarsi in una duplice direzione: l'ente radiotelevisivo dovrebbe realizzare nell'area Expo i suoi studi di produzione dopo il 2015, in modo da garantire un parziale riutilizzo dell'area; Expo 2015 dovrebbe garantire un contributo economico per la produzione di un programma dedicato alla manifestazione da inserire nel palinsesto di Rai5. Quest'ultimo, previsto già a gennaio, non è mai partito. Il centro di produzione molto probabilmente non si farà. Sono anche stati realizzati un conceptual masterplan presentato l'8 settembre 2009 e poi quello definitivo, illustrato il 26 aprile 2010. Ma quest'ultimo, come emerso nei giorni scorsi, dovrà essere modificato perché avere solo un grande orto non convince i potenziali partecipanti.

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