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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2011 alle ore 15:48.

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NEW YORK – Dietro le recenti agitazioni, ancora in corso, in Medio Oriente ci sono una serie di fattori: decenni di governi corrotti e autoritari, società sempre più erudite e digitali e prezzi alle stelle dei prodotti alimentari. Come se non bastasse, in tutto il Medio Oriente (come nell’Africa sub-sahariana e gran parte dell’Asia) la rapida crescita della popolazione sta aumentando la pressione demografica.

La popolazione egiziana, ad esempio, è raddoppiata durante il governo di Hosni Mubarak passando da 42 milioni nel 1980 ad 85 milioni nel 2010. Questa crescita è ancor più degna di nota se si pensa che l’Egitto è un paese desertico e che i suoi abitanti sono di conseguenza concentrati sulle coste del Nilo. In mancanza di uno spazio per espandersi, la densità della popolazione sta raggiungendo livelli incontenibili, La città del Cairo è diventata una regione tentacolare con 20 milioni di abitanti che vivono gomito a gomito con infrastrutture inadeguate.

Una crescita rapida della popolazione implica un’elevata percentuale di giovani, ed infatti la metà della popolazione egiziana è al di sotto dei 25 anni. L’Egitto, come dozzine di altri paesi in tutto il mondo, si trova ad affrontare la sfida estrema, e in gran parte insoddisfatta, di assicurare a questi giovani dei posti di lavoro produttivi e proficui.

La crescita dell’occupazione non sta andando, infatti, di pari passo con l’aumento della popolazione giovanile, o per lo meno non in termini di lavori rispettabili con stipendi adeguati. Attualmente il tasso di disoccupazione giovanile (per i giovani compresi tra i 15 ed i 24 anni) nel Nord Africa e in Medio Oriente è pari al 30%, tanto che la frustrazione dei giovani disoccupati e sottoccupati si sta riversando sulle strade.

Il problema dell’elevata disoccupazione giovanile non è, ovviamente, limitato ai paesi in via di sviluppo. Negli Stati Uniti, il tasso di disoccupazione complessivo è pari a circa il 9%, mentre quello dei giovani tra i 18 ed i 25 anni è uno sconcertante 19% che si riferisce solo ai giovani con lavori temporanei o in cerca di lavoro. Molti altri, scoraggiati, dal contesto, hanno abbandonato del tutto la forza lavoro e non vanno quindi né a scuola, né a lavorare e né tantomeno cercano un posto di lavoro. Non organizzano grandi proteste, ma molti finiscono in prigione.

I mercati del lavoro a livello mondiale sono ormai interconnessi. I giovani di paesi diversi come l’Egitto e gli Stati Uniti si trovano infatti a competere professionalmente con i giovani cinesi ed indiani. La Cina, che vanta produttivi costruttori a basso reddito ed infrastrutture di alta qualità (strade, energia, porti e comunicazioni), ha stabilito lo standard della competitività a livello globale. Ne risulta che i lavoratori meno qualificati dell’Egitto, degli Stati Uniti e di altri paesi, si trovano a dover aumentare la produttività per poter competere ad un reddito rispettabile, o a dover accettare uno stipendio estremamente ridotto oppure a dover essere disoccupati.

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