Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2011 alle ore 11:59.

My24
Sede Fed (Afp)Sede Fed (Afp)

«I discorsi dei banchieri centrali non si ascoltano, si interpretano». Prima dello scoppio della crisi, soprattutto in Europa, l'adagio era mandato a memoria tra gli operatori. I governatori, sacerdoti della politica monetaria, non comunicavano di frequente al mercato. I discorsi e gli interventi, spesso caratterizzati da elevato formalismo, venivano "sezionati" parola per parola. Un vocabolo usato al posto di un altro poteva significare una precisa presa di posizione.

L'evoluzione dei mercati, la loro sempre maggiore complessità, l'estendersi di mille piattaforme di scambio, oltre alla crisi finanziaria, hanno cambiato le carte in tavola. Tanto che, mercoledì prossimo, Ben Bernake, per la prima volta terrà una conferenza stampa dopo la fine del consiglio del Fomc, il comitato della Fed che definisce la politica monetaria americana.

La fine del quantitative easing
Una novità non da poco, conseguenza di un mix di fattori. Da un lato è forte l'attesa rispetto alla strategia di "uscita" dall'easy money. A giugno il piano di acquisto di bond da 600 miliardi andrà in scadenza, e il mercato si interroga su quale strada vorrà seguire la riserva federale. Alcuni operatori sono certi che la Fed continuerà a dare benzina al mercato. «Non lo chiameranno quantitative easing - dice James Cordier, portafoglio manager di Optionsellers.com -, ma la liquidità non potrà essere tolta dall'oggi al domani: molti mercati andrebbero a gambe all'aria. Un'eventualità che non possiamo permetterci».

La paura dell'inflazione
L'ipotesi di continuare a pompare liquidità sui mercati, tuttavia, è vista come fumo negli occhi da diversi esperti e operatori. In primis, c'è chi denuncia i rischi di un iper-inflazione. Sotto questo aspetto è interessante notare, come fa il blog Icebergfinanza, che nonostante la base monetaria sia andata oltre 2.400 miliardi di dollari, il ratio del moltiplicatore della moneta è sceso poco sotto lo 0,8 (era oltre 1,6 nel 2006). Ciò significa che il fiume di denaro non è entrato veramente in "circolo". In gran parte è finito a ricostituire le riserve obbligatorie e quelle in eccesso. Cioè è servito a sostenere il patrimonio delle banche. Si dirà: superata la crisi, questa massa di moneta verrà liberata, creando inflazione. Bè, ribadiscono molti, basterà congelare i depositi.

Al di là di quest'analisi, il consensus è abbastanza consolidato rispetto all'idea che l'inflazione (visto anche la debolezza della ripresa della domanda aggregata) rimanga sotto controllo.

Lo scontro politico
Ma non è solo inflazione. Lo scontro che si gioca sulla strategia della Fed subisce, giocoforza, i riflessi della battaglia politica tra chi vuole austerity (essenzialmente i repubblicani) e chi vuole deficit spending (essenzialmente i democratici). Il debito pubblico alle stelle degli Usa - che ha visto il proprio outlook abbassato per la prima volta da S&P's - e una dinamica negativa del deficit hanno portato al recente compromesso del taglio della spesa pubblica statunitense. In questo scenario la linea di Ben Helicopter è, naturalmente, ancor più messa sotto osservazione. Logico quindi che, oltre a voler chiarire i passi "tecnici" futuri della riserva federale, il governatore punti a sfruttare il dialogo col mercato per ribadire e rafforzare l'indipendenza della Fed.

Parlare agli operatori, realizzare maggiore trasparenza, vuol dire anche de-potenziare i dissensi esterni, e interni. E i tassi monetari? Su quelli il consensus è scontato: dovrebbero, salvo sorprese dell'ultima ora, rimanere fermi tra lo 0 e lo 0,25 per cento.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi