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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2011 alle ore 08:14.

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SASSUOLO Dal nostro inviato
C'è un solo modo per scoprire cosa riserva il futuro al distretto della ceramica italiana: entrare nell'unico (per ora, almeno) showroom di prodotti made in China di Sassuolo, in provincia di Modena.
Aperto l'anno scorso, con una certa dose di temerarietà visto che siamo nell'epicentro dell'industria della ceramica made in Italy, il negozio ha due vetrine che si affacciano su via Regina Pacis. Molto elegante, sembra vuoto. Varchiamo la soglia.
«Prego? Si accomodi!», ci dice la giovane commessa.
Il negozio non "sembra", "è" vuoto. Soprattutto, dentro, aleggia un'aria triste. La ragazza si sfoga: «Da marzo i margini di profitto di queste ceramiche si sono ridotti ai minimi termini a causa dei dazi all'import. Certo, i nostri prodotti hanno l'aliquota più bassa, il 32%, speriamo che si tratti di una cosa passeggera e che i dazi spariscano».
Chi le vuole più, a queste condizioni, le piastrelle cinesi? La quota di prodotto cinese in Europa galoppava, dall'1% del 2005 al 7% del 2009, in parallelo, la quota italiana crollava del 25%. I dazi danno una boccata di ossigeno perchè in certi casi l'aliquota schizza fino al 73% e, tra una cosa e l'altra, un container di piastrelle made in China all'importatore può costare il doppio.
Il vantaggio, per l'Italia, è che in un distretto afflitto da una domanda interna depressa, l'export diventa essenziale. La competizione sleale neutralizza anche la variabile export. «I dazi antidumping stanno restituendo i giusti valori al rapporto tra produzione cinese ed europea, dando una boccata d'ossigeno a Sassuolo e questo avviene soprattutto per le produzioni di livello medio-basso - chiosa il responsabile dei rapporti internazionali di Assoceramica Giorgio Romani (Cir Serenissima). Perchè la produzione di qualità corre sui suoi binari».
Il "colpo" messo a segno due mesi fa dalla Cet, la Confederazione europea dei produttori di ceramica guidata da Alfonso Panzani (Ceramiche Ricchetti) con un'operazione di lobbing da manuale, da queste parti scatena entusiasmi tenuti a freno perchè a settembre c'è il round finale: se va bene, la misura definitiva scatterà per un lustro. Cinque anni, rinnovabili. Ci vorrà un'altra spallata.
Qui, nel distretto, nei primi tre mesi del 2011 il fatturato è cresciuto del 3%, l'export del 4,5%, il mercato interno s'è avvitato intorno all'1 per cento.
Però Franco Manfredini, presidente di Confindustria ceramica e titolare di Casalgrande padana ci tiene a mettere in chiaro le cose: «Il nostro è un distretto che ha combattuto la crisi con grande coraggio. Ha fatto ricorso agli accorpamenti, s'è ristrutturato, le fusioni sono state almeno sette». Il 50% delle aziende, pari all'80% della produzione industriale, ha fatto ricorso a vari ammortizzatori sociali che hanno toccato almeno 6mila addetti su 24.600, con preferenza per i contratti di solidarietà. «Anche per questo non si poteva stare con le mani in mano, fermi, a guardare quel fiume di piastrelle in transito dalla Cina verso destinazioni europee - dice Manfredini - l'Italia è un paese di snodo, la quota cinese è "solo" del 6,8 rispetto al 7,64 della Germania. Il consumo in milioni di metri quadri nel 2009 è stato di 147,4. Belgio, Irlanda, Gran Bretagna fanno incetta di prodotti importati, a differenza della Spagna che, come noi, ha una produzione locale da tutelare».

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