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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2011 alle ore 06:40.

L'ad Ikea Lars PeterssonL'ad Ikea Lars Petersson

«Investire in Italia significa affrontare un percorso inutilmente troppo lungo. Neppure un grande gruppo come il nostro può sopportare questo peso». Lars Petersson, 51 anni, fresco amministratore delegato di Ikea Italia, ha appena cancellato dal suo piano di sviluppo il progetto del nuovo negozio da 15mila metri quadrati in provincia di Pisa, che da sei anni attendeva il via libera dall'amministrazione locale di Vecchiano (si veda Il Sole 24 Ore di ieri).

E ora, più deluso che arrabbiato, spiega al Sole 24 Ore perché la multinazionale svedese dei mobili low cost ha deciso di dirottare su altre città quei 70 milioni di investimenti previsti in Toscana (destinati a superare 100 milioni con la realizzazione di un centro commerciale), e perché investire in Italia può rivelarsi così difficile: «L'ostacolo principale – spiega – è la lunghezza delle autorizzazioni. Noi non vogliamo assolutamente avere scorciatoie rispetto ad altri investitori, vogliamo rispettare le norme e le richieste degli enti locali, ma non possiamo permetterci di tenere fermi così a lungo i soldi da investire: in Italia troppi enti sono coinvolti nelle decisioni, le pratiche passano più volte da una scrivania all'altra e il procedimento si allunga senza ragione».

A lasciare perplesso Petersson, in Ikea da 29 anni di cui gli ultimi cinque trascorsi in Giappone prima di approdare a Milano, è inoltre la scarsa trasparenza dell'iter da seguire: «In Italia spesso un'azienda non sa esattamente cosa deve fare perché il percorso è poco chiaro. Anche in altri Paesi come il Giappone la burocrazia è forte e i passi da fare sono tanti, ma almeno sono prevedibili».

Il risultato è che in Italia i tempi decisionali sono assai più lunghi rispetto agli altri Paesi europei dove Ikea è presente: «Mediamente in Italia servono due anni di attesa in più per avere il via libera all'investimento, cioè sei-sette anni contro i tre-quattro del resto d'Europa», rivela Petersson. E il rischio, come successo a Pisa, può essere quello di vanificare l'interesse: «Oggi l'investimento su Vecchiano non è più competitivo in relazione ad altre potenziali localizzazioni», ha mandato a dire nero su bianco Ikea lunedì. Ora l'ad chiarisce: «Siamo un'azienda globale e guardiamo all'Europa come a un mercato unico: durante i sei anni in cui abbiamo atteso di realizzare un negozio a Pisa sono cambiate le condizioni d'investimento in altri Paesi, magari in Francia, in Svezia o in Slovacchia, e dunque il progetto di Vecchiano è entrato in concorrenza con altri progetti europei che hanno un iter più veloce».

La prospettiva, dunque, è che ora Ikea dirotti l'investimento programmato in Toscana – che avrebbe portato 300 posti di lavoro diretti più altri 100 nell'indotto – in un'altra città europea. Anche sugli altri futuri investimenti italiani adesso la multinazionale svedese si mantiene cauta, confermando solo l'apertura di Chieti-Pescara che porterà a 20 i negozi nel nostro Paese (dopo l'inaugurazione, due mesi fa, del punto vendita di Catania). In realtà, proprio l'ad Petersson nel marzo scorso aveva annunciato anche l'apertura, nel 2013, del punto vendita di Roma Anagnina, oltre a confermare, a più lungo termine, quelle di Pisa, del secondo negozio di Torino e del quarto di Milano: tutti progetti che ora, dopo la decisione di abbandonare la Toscana, potrebbero ritornare in discussione.

A decidere sarà naturalmente la casa madre svedese, che due settimane fa ha comunicato a Ikea Italia di rinunciare al progetto pisano dopo l'ultimo "smacco" subìto dal Comune di Vecchiano: la richiesta di trasferire la location del negozio Ikea dalla confluenza fra tre arterie ad altissimo traffico – all'incrocio tra l'uscita Pisa nord dell'A11, l'A12 e l'Aurelia – alla zona industriale di Migliarino. Richiesta arrivata dopo sei anni dalla presentazione del primo progetto e dopo ripetute varianti, che hanno ridimensionato l'investimento iniziale: «Abbiamo modificato il progetto quattro volte, dopo le osservazioni molto puntuali che erano state avanzate a più riprese dall'amministrazione comunale – sottolinea l'ad – ma questo non è bastato ad ottenere il via libera. E pensare che nella grande distribuzione siamo riconosciuti come una delle aziende più attente all'ambiente», precisa per replicare ai comitati locali e agli ambientalisti che in questi anni hanno avversato il progetto Ikea, poco attratti anche dai 400 posti di lavoro che invece ora, in una fase economica ancora complicata, fanno preoccupare il presidente della Regione Toscana, il pisano Enrico Rossi.

Rossi è stato pronto a fare mea culpa sull'incapacità di conciliare sviluppo e ambiente: «Investimenti importanti devono trovare un quadro di certezze amministrative tali da renderci competitivi – ha detto – e questo chiama in causa la capacità di governo delle amministrazioni locali e della Regione». Il presidente toscano ha tentato un'ultima mossa, proponendo a Ikea di investire in un'altra area della Toscana, ma Petersson appare scettico: «Dobbiamo confrontarci con la casa madre – conclude – avremo bisogno di tempo per decidere».

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