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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2011 alle ore 13:58.

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Il Tribunale civile di Milano ha rigettato la richiesta di sequestro delle quote di RU, la holding che controlla La Rinascente, avanzata da Maurizio Borletti, presidente e socio della società con il 4 per cento. Borletti, con la richiesta di sequestro delle azioni in mano a Investitori Associati (46% del capitale), Rreef-Deutsche Bank (30%) e Prelios (20%), si opponeva alla possibile vendita della Rinascente alla thailandese Central Retail.

Rinascente nelle mani dei thailandesi
Un eventuale sequestro delle azioni avrebbe potuto bloccare il processo di vendita ma oggi è arrivata la decisione del giudice civile dell'ottava sezione, Vincenzo Perozziello, che ha «bocciato» il ricorso di Borletti. Da quanto si è saputo, il giudice ha ritenuto che la procedura di vendita sia stata corretta e che Borletti abbia esercitato in ritardo il suo diritto di opzione. L'erede del fondatore dei grandi magazzini sosteneva inoltre di avere un diritto di prelazione che, secondo il giudice, invece, non avrebbe mai avuto. «La questione di chi ha ragione e chi ha torto sarà decisa dall'arbitrato», ha commentato Borletti a Radiocor.

La vendita dei grandi magazzini
Central Retail lo scorso 2 maggio ha presentato un'offerta per acquistare La Rinascente, mettendo sul piatto 250 milioni di euro, e nei giorni successivi il cda della holding di controllo ha dato l'ok alla possibile vendita. Investitori Associati, Rreef-Deutsche Bank e Prelios sono decisi a dare il via libera alla vendita in un'assemblea già convocata per venerdì prossimo. All'azienda thailandese ha provato ad opporsi Maurizio Borletti, azionista di minoranza, che ha provato a mettere in piedi una cordata del lusso (con Lvmh e altri famose griffe) per fare una controfferta. I fondi di private equity Investitori Associati (46% del capitale), Rreef-Deutsche Bank (30%) e Prelios (20%) hanno però deciso di vendere a Central Retail. Una vendita che Borletti ha cercato di bloccare per via giudiziaria facendo pesare i suoi diritti di socio. Il tribunale però gli ha dato torto.

La linea di Borletti
A questo punto la linea di Borletti, che nel contenzioso è seguito dallo studio Gianni Origoni Grippo, ha davanti a sé ancora due strade: il reclamo contro la decisione del giudice del tribunale civile che prevede la pronuncia sulla questione di un collegio e l'arbitrato. Borletti dovrebbe percorrere entrambe le strade. Con la prima potrebbe addirittura sperare di fermare ancora la vendita, mentre con la seconda punta ad ottenere un risarcimento monetario. «La decisione di chiedere il sequestro delle quote degli altri soci (Investitori Associati, Prelios e Rreef-Deutsche Bank, ndr) era stata presa per evitare che la società potesse vendere il suo unico asset», ha spiegato Borletti all'agenzia Radiocor. Il giudice ha «dovuto decidere in quattro giorni». Adesso, invece, «l'arbitrato ha tutto il tempo per approfondire la questione». Le parti nei giorni scorsi hanno nominato due arbitri, Alberto Santamaria per Borletti e Pietro Trimarchi, per gli altri soci Rinascente, che a loro volta dovranno nominare un terzo. I tempi, però, si allungheranno e Borletti al massimo potrà ottenere un risarcimento economico. Intanto in vista di domani, l'imprenditore italiano fa sapere che non sarà a Milano per l'assemblea dei soci anche se ci sarà un suo rappresentante. In attesa della conclusione della vicenda, Borletti sottolinea che «Rinascente ha moltiplicato per quattro il valore per i soci», considerando la cifra di 250 milioni di euro pagata dai thailandesi.

Colonizzazione in vista dall'Asia
«Come investitore non posso che essere contento, ma come imprenditore sarebbe stato meglio restare ancora qualche anno perché c'era ancora del valore inespresso soprattutto considerando il nuovo grande magazzino di Roma». Il tentativo di mantenere Rinascente italiana «non éèandato a buon fine - si è rammaricato Borletti- Per una volta che c'era una cordata italiana...». Poi ha allargato il problema: «Ci sarà sempre di più una colonizzazione delle società italiane da parte di investitori asiatici che cercano il nostro know how e investimenti in paesi più stabili».

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