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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2011 alle ore 07:53.

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La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia (Ansa)La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia (Ansa)

Il giorno dopo aver promosso la manovra da 35-40 miliardi per il pareggio di bilancio «da fare subito per centrare l'obiettivo di pareggio del bilancio nel 2014» la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, insiste sulle linea del rigore ma torna anche a indicare le priorità per lo sviluppo. «Perché crescere dell'1% non basta». Non basta, ad esempio, a creare occupazione. E dunque occorrono anche gli investimenti. Soprattutto in settori come l'edilizia e le infrastrutture in grado di fare da volano per tutta l'economia. Lo ha ricordato ieri la Marcegaglia intervenendo in videoconferenza all'assemblea di Federcostruzioni, la federazione confindustriale che riunisce i principali attori della filiera dell'edilizia.

Sulla scia dell'intervento del giorno prima all'assemblea degli industriali torinesi la Marcegaglia ha continuato a spronare il Governo ad avere come priorità il rigore dei conti pubblici: «La manovra da 35-40 miliardi si può e si deve fare – ha ripetuto anche alla platea di Federcostruzioni – e credo che questo tema sia ben presente al Governo». Ma al tempo stesso ha ricordato che «in altri Paesi sono stati attuati pacchetti di stimolo all'edilizia, perché in grado di attivare ripresa e produttività anche nei comparti collegati».

Tre gli elementi chiave su cui occorre puntare. Il primo è quello delle semplificazioni per le quali Confindustria dà atto al Governo di aver fornito «con il decreto sviluppo alcune parziali risposte», il secondo è quello della selezione strategica delle infrastrutture. Grandi opere certo, «ma anche le piccole opere» ha sottolineato la Marcegaglia raccogliendo così le preoccupazioni dei costruttori dell'Ance che da tempo chiedono maggiore attenzione alle infrastrutture locali. Infine la leva fiscale. In vista della riforma promessa anche ieri da Berlusconi entro l'estate: «Credo che anche in questo campo siano possibili dei ragionamenti a sostegno delle infrastrutture» ha concluso Marcegaglia.

L'edilizia vive ancora difficoltà significative, come ha confermato anche l'assemblea di ieri. A dare la dimensione del fenomeno l'analisi del direttore del Cresme, Lorenzo Bellicini: «Anche nel 2011 il settore delle costruzioni che vale 175 miliardi, ovvero il 12% del Pil, registrerà una flessione dello 0,5% del valore della produzione, dopo il pesante –6,6% dell'anno precedente».

Ma proprio i numeri di Federcostruzioni danno, d'altra parte, l'idea del «peso» di questo comparto. La federazione riunisce 30mila imprese con un totale di 370 miliardi di fatturato e un valore in termini di occupazione pari a 3 milioni.

Per sostenere la domanda di infrastrutture Federcostruzioni si è «alleata» con la Lega ed è tornata a chiedere a Tremonti di allentare i vincoli del patto di stabilità: «È necessario – ha detto Paolo Buzzetti, che da presidente Ance ha assunto anche l'incarico di guidare Federcostruzioni – che i Comuni virtuosi possano spendere e investire nelle tante opere indispensabili per lo sviluppo dei territori». Il tema della selezione strategica su cui indirizzare le (poche) risorse è tornato a galla anche ieri. Per Buzzetti «è evidente che la legge obiettivo ha fallito è non ce l'ha fatta a infrastrutturare il paese e dunque va modificata». Come? Al viceministro delle Infrastrutture Roberto Castelli che ha aperto alla possibilità di un «tagliando» per la legge sulle grandi opere (si veda il Sole 24 Ore di ieri) Buzzetti chiede di rivedere le priorità, dando spazio anche a opere di taglio medio e piccolo: «Chi l'ha detto che i nodi urbani sono meno importanti della Torino–Lione»? Disponibile a rivedere i costi delle grandi opere, come chiede Castelli («Molto si può fare tagliando i tempi per l'avvio e aumentando la concorrenza»), Buzzetti ha messo le mani avanti sui prezzi riconosciuti agli appaltatori: «Lì siamo già ai livelli più bassi d'Europa».

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