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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2011 alle ore 17:37.

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Banda larga e telelavoro: la ricerca
Ma qual è la percezione degli italiani su banda larga e telelavoro? L'indagine, commissionata all'Istituto Ispo da Anitec e Gruppo Terziario Innovativo di Assolombarda, è stata condotta su un campione rappresentativo di circa 800 persone. «Rigorosamente rappresentativo – specifica Renato Mannheimer, presidente Ispo – perché il margine di errore è del 3 per cento».

Internet, secondo l'indagine, è ormai banda larga: assenti le vecchie modalità (più lente) di navigazione in rete, circoscritte ormai a meno del 2% della popolazione in età attiva. Nonostante il 20% della popolazione di riferimento lamenti l'assenza nel proprio territorio di residenza di una rete fissa per la navigazione veloce (adsl, fibra ottica), dovendo spesso ricorrere al wi-fi o alla navigazione in mobilità. Più di tre intervistati su quattro dichiarano quindi di avere accesso alla banda larga da casa e/o dal lavoro. Tra questi utenti, internet viene utilizzato in prevalenza per cercare informazioni (90%), comunicare (79%), divertirsi (63%) ed effettuare acquisti online (54%). Solo il 38% gestisce i servizi di home banking.

Il quadro generale è di grande apprezzamento per la banda larga. E anche il telelavoro risulta uno scenario possibile e auspicabile. Il 41% degli occupati dichiara infatti che ci sono diverse attività della propria professione che potrebbero essere svolte "tranquillamente da casa o da altro luogo, poiché non richiedono la presenza fisica in ufficio": una quota più elevata tra giovani, donne e classe impiegatizia.

Tra i benefici attribuiti al telelavoro (anche flessibile), ci sono innanzitutto quelli in termini di immagine dell'azienda. Per il 70% degli occupati, "le aziende che aiutano i propri lavoratori permettendo all'occorrenza di lavorare da casa sono all'avanguardia"; mentre il 62% ritiene che se la propria azienda "permettesse di lavorare da casa almeno ogni tanto" sarebbe un gesto di grande attenzione e fiducia nei propri confronti.
A proposito della produttività, il 59% dei lavoratori (l'84% di chi ritiene le proprie mansioni gestibili a distanza) pensa che talvolta staccarsi dall'ufficio possa avere conseguenze positive anche in termini di efficienza, favorisca la concentrazione e permetta di evitare inutili tensioni. Anche se c'è chi crede che la distanza possa tradursi in un deficit di visibilità che può nuocere alla carriera (40%) e al senso di appartenenza all'azienda (36%).

Aspetti contrattuali del telelavoro
In Italia solo il 4% circa della forza lavoro è occupata nel telelavoro (800mila persone): una delle percentuali più basse d'Europa. Non è solo un problema di tecnologia, ma di cultura. «I limiti culturali si stanno pian piano superando - spiega Andrea Di Francesco, avvocato esperto in diritto del Lavoro, dello studio legale Nctm – attraverso l'implementazione nelle imprese». I riferimenti normativi rimangono quelli dell'Accordo quadro del 2004, che riprende quello europeo del 2002, poi regolamentati nell'impresa attraverso i contratti collettivi nazionali. Ci sono certo attività più "telelavorabili", dove però è bene offrire «le stesse garanzie del lavoro in ufficio: reversibilità, parità di trattamento, indicazione dello svolgimento della prestazione, accesso alle informazioni aziendali, strumentazione, formazione, tutela della salute e della sicurezza, eccetera».

Senza contare i problemi che sorgono a proposito di controllo del lavoratore a distanza (e il riferimento torna alla modifica dell'art.4 dello Statuto), spese sostenute o infortuni sul lavoro. Imprese e lavoratori sono liberi di scegliere e regolamentare il telelavoro. Una regolamentazione tra le parti, che – ha sottolineato Giuliano Cazzola, vicepresidente della Commissione lavoro pubblico e privato della Camera – «si traduce in una bassissima percentuale di contenziosi in atto, pressoché nulla. Il telelavoro è il lavoro a domicilio della modernità». D'accordo il giuslavorista ed ex ministro Tiziano Treu, per il quale in questo campo «è meglio avere meno legislazione possibile. Sebbene siano da affrontare alcuni nodi come le forme partecipative, la minor socializzazione, la difficoltà di valutazione del lavoro, e il controllo dell'attività».

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