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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2011 alle ore 17:02.

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CAMBRIDGE – Sotto la guida del presidente francese Nicolas Sarkozy, il G20 ha inserito in cima all’agenda di quest’anno la lotta contro la volatilità dei prezzi dei generi alimentari. I ministri dell’agricoltura degli stati membri si sono infatti recentemente riuniti a Parigi per trovare delle soluzioni. Il problema? All’inizio di quest’anno i prezzi dei generi alimentari hanno raggiunto livelli insostenibili in tutto il mondo, riportando alla memoria il picco raggiunto nel 2008.

Ad essere colpiti in tutto il mondo sono i consumatori, soprattutto i poveri, per i quali il cibo assorbe gran parte dei bilanci famigliari. Il malcontento popolare sul caro-cibo ha alimentato l’instabilità politica in alcuni paesi, soprattutto in Egitto e Tunisia. Anche i produttori agricoli gradirebbero un po’ di stabilità dei prezzi rispetto al saliscendi registrato negli ultimi cinque anni.

L’impegno profuso dal G20 culminerà nel summit che si svolgerà a novembre a Cannes. Quando si parla di specifiche politiche, è sempre bene adoperare la massima cautela, dal momento che una lunga serie di misure, adottate in passato e volte a ridurre la volatilità sul mercato delle materie prime, hanno finito col creare più danni che vantaggi.

Alcune banche centrali devote all’inflation-targeting hanno affrontato i rincari dei prezzi relativi alle materie prime importate rafforzando la politica monetaria e quindi incrementando il valore delle proprie monete. Ma i movimenti sfavorevoli a livello di scambi commerciali devono essere aggiustati e non possono essere contrastati con la politica monetaria.

I paesi produttori hanno altresì tentato di contenere la volatilità dei prezzi formando cartelli internazionali, che però hanno funzionato solo in pochissimi casi.

In teoria, le riserve governative potrebbero essere in grado di contenere le fluttuazioni dei prezzi, ma dipende dal modo in cui sono amministrate. I dati storici non sono incoraggianti.

Nei paesi ricchi, dove il settore primario produttivo ha solitamente un certo potere politico, le riserve di prodotti alimentari vengono utilizzate come mezzo per mantenere i prezzi alti. La politica agricola comune dell’Unione europea ne è un classico esempio; infatti, risulta disastrosa per i bilanci, per l’efficienza economica e per il portafoglio dei consumatori.

In numerosi paesi in via di sviluppo, invece, gli agricoltori non hanno alcun potere politico. I paesi africani avevano creato dei commodity boards, ossia organismi nazionali di controllo e promozione che decidevano il prezzo del caffè e del cacao e fungevano da acquirenti unici per i contadini. L’idea era quella di acquistare il raccolto negli anni in cui fosse più abbondante e di venderlo negli anni in cui fosse più scarso, stabilizzando i prezzi; in pratica, nei primi decenni di tale accordo, il prezzo pagato ai coltivatori di e di caffè, politicamente deboli, è stato sempre inferiore al prezzo internazionale. Di conseguenza, la produzione ha registrato un calo.

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