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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2011 alle ore 15:59.

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MEDFORD, MASSACHUSETTS – Immaginate che le discussioni sollevate dal disastro Hindenburg fossero incentrate sugli estintori e sui paracadute di cui avrebbero dovuto disporre i dirigibili, invece che sui difetti di progettazione che avrebbero potuto innescare l’ignizione. Sfortunatamente, gli odierni dibattiti sulla riforma bancaria sono su questa lunghezza d’onda.

Modificare la gigantesca industria bancaria dovrebbe essere l’obiettivo prioritario della riforma. Una volta si era soliti pensare che i banchieri conoscessero ogni mutuatario e valutassero i prestiti caso per caso. Ora, invece, le banche usano modelli evocati da fantomatici maghi finanziari per produrre in serie classi di credito e prodotti derivati. La standardizzazione favorisce la crescita delle megabanche; a differenza degli errati giudizi formulati dai funzionari responsabili dei prestiti, i modelli difettosi di questi maxi sistemi hanno avuto conseguenze disastrose.

Le proposte radicali, volte a rilanciare un sistema robusto e avanzate dal governatore della Banca d’Inghilterra Mervyn King, sono state soffocate dalle accese discussioni sulle eventuali misure che nulla fanno per porre rimedio ai principali difetti del moderno sistema bancario.

Si consideri il dibattito apparentemente acceso sui livelli adeguati di capitale delle banche. I regulator hanno proposto corposi aumenti: uno studio della Banca d’Inghilterra suggeriva, ad esempio, un incremento più che triplicato del capitale.

I banchieri, che potrebbero temere per i propri bonus, pensano che l’aumento dei requisiti patrimoniali li spingerà a ridurre i prestiti, impedendo in tal modo la crescita economia. La realtà è ben diversa.

Il principio di regolamentazione del capitale bancario sembra sensato. In qualsiasi attività l’indebitamento aumenta il rischio: non si va in bancarotta se non si hanno debiti. Un forte indebitamento incoraggia altresì proprietari e manager a rischiare tutto, perché sono i creditori ad assumersi gran parte del rischio al ribasso. I prestatori prudenti cercano pertanto di limitare sia i livelli di debito contratti dalle aziende sia di contenerne i corrispettivi rischi.

I creditori non sono però incentivati a imporre duri limiti alle banche. Dal momento che il ritiro massiccio di depositi bancari può scatenare un caos generale, i governi garantiscono esplicitamente depositi assicurati e implicitamente tutti gli altri debiti delle megabanche. I governi che garantiscono le passività bancarie, invece, devono richiedere che i banchieri esercitino una maggiore prudenza rispetto a quanto già non facciano.

Eppure incentrarsi soprattutto sui livelli di indebitamento delle banche tralasciando altri atteggiamenti ben più avventati è un pessimo modo di agire.

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