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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2011 alle ore 06:44.

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A maggio, infatti, secondo le rilevazioni dell'Eurostat, i volumi di vendite del commercio al dettaglio sono diminuite dell'1,1% rispetto al mese precedente, sia nell'area euro che nell'intera Unione europea. La dinamica negativa ha riguardato anche il confronto su base annua: meno 1,9% nell'area euro e meno 1,4% nella Ue a 27. I dati dell'ente di statistica comunitario si sono rivelati più deboli delle attese degli analisti specialmente nel confronto annuale e seguono un aumento di vendite dello 0,7% ad aprile che era stato preceduto da una flessione dello 0,9% a marzo.
Tornando all'Italia, la stasi dei consumi delle famiglie nel 2010 non sorprende Edoardo Lozza, direttore del dipartimento Società e politica di GFK-Eurisko. «I dati confermano le indicazioni emerse nelle nostre indagini trimestrali sul clima di fiducia tra i consumatori» afferma Lozza. Da fine 2008 a tutto il 2009, infatti, la fiducia dei consumatori è cresciuta «fino a diventare quasi euforica, del tutto in controtendenza rispetto agli indicatori economici. Poi si è via via erosa fino a stabilizzarsi sui minimi. Ora si traduce nella calma piatta dei consumi».
Dietro ai dati, però, GFK-Eurisko individua due dinamiche molto diverse che esprimono i crescenti dualismi del paese, non solo tra Nord e Sud ma anche tra le élites e i cittadini con redditi medio-bassi. «Questi ultimi sono in oggettiva difficoltà e sono costretti a ridurre i consumi – spiega Lozza – mentre per le élites è più corretto parlare di stasi che di riduzione dei consumi. Si tratta di una scelta, infatti, che deriva da un nuovo modo di consumare e di possedere. Scattano nuovi comportamenti che vanno al di là del mero possesso o consumo di un bene». Emerge nelle famiglie più agiate «un senso di saturazione insieme ad una virata verso la sostenibilità». Inoltre, ma questo è un trend che va verificato meglio, «c'è uno spostamento dalla quantità alla qualità». La parte più ricca del paese, dunque, sta «reinterpretando» il proprio modo di vivere, pur con dinamiche diverse da settore a settore. «Nell'alimentare prevale la scelta della qualità guardando alla salute e alla sostenibilità. Nell'abbigliamento, invece si segue la strategia della riduzione o si apre il guardaroba alle marche minori. Nella cura della salute e del corpo, invece, le élites badano al prezzo».
Quanto alle imprese, come è stato sottolineato ieri dal seminario annuale di GFK-Eurisko dedicato proprio al nuovo modello di consumo che si va delineando nel dopo-crisi, «devono imparare a produrre contenuti e non più solo prodotti, spaghetti o automobili che siano». Di buono c'è che, mentre cercano di interpretare il «nuovo paradigma dei consumi» come lo ha definito Giuseppe Minoia, le aziende non hanno perso la fiducia sulle proprie prospettive. «Ma questo – spiega Lozza – sembra più un atteggiamento di attesa, per crisi di idee e di strategie più che di mercato, perché si accompagna ad una forte preoccupazione per il futuro del sistema produttivo ed economico nel suo complesso».
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