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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2011 alle ore 18:27.

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Inadempienti negli impegni ambientali di Kyoto e per giunta a corto di gas: sarà davvero questo il triste destino dell'Italia al 2020? Viene direttamente dalle aule del Senato lo spettro del doppio autogol energetico. Tra meno di 10 anni, proprio quando suonerà la campanella della verifica degli impegni ambientali dettati dalla Ue, potremmo trovarci con le nostre infrastrutture del gas in crisi, sotto la pressione di una richiesta di metano che sarà salita a 110 miliardi di metri cubi l'anno» con un balzo vicino al 30%, avverte il senatore del Pdl, Cesare Cursi, presidente della Commissione Industria di Palazzo Madama, che ha promosso un dibattito-seminario con i manovratori dell'energia italiana.

Romani: il nuovo piano energetico arriverà a fine anno
Molti i rimpianti per lo stop al piano rientro nel nucleare, con la generale consapevolezza che recuperarlo non sarà possibile per molti anni. «È un errore, il frutto di una errata interpretazione delle reali conseguenze dell'incidente giapponese di Fukushima, ma tant'è: per ora la gente non vuole l'atomo», si lamenta il presidente di Assoelettrica Giuliano Zuccoli. Ritarare la politica energetica ma soprattutto ridisergnarla in maniera precisa e tempestiva, dicono e promettono tutti i nostri politici. «Il nuovo piano energetico arriverà a fine anno», ribadisce il ministro dello Sviluppo Paolo Romani in un messaggio fatto recapitare ai convegnisti.

Il gas sarà il piatto forte della nostra energia
Una certezza, anche questa per tutti: il piatto forte della nostra energia sarà sempre più nel gas, che già è praticamente egemone in Italia. «Grande e crescente è la disponibilità di metano sui mercati internazionali, anche e soprattutto - ci ricorda l'ad di Sorgenia, Massimo Orlandi - grazie allo "shale gas" (il metano estratto con la nuova tecnica della fratturazione profonda delle rocce, ndr), che dovremmo cercare di sfruttare di più anche in Europa, ma di cui possiamo comunque godere realizzando molti nuovi rigassificatori».

Il nodo: troppa lentezza nella creazione di nuove infrastrutture
Ed ecco il problema evocato anche ieri nel convegno al Senato: siamo troppo timidi, troppo lenti, nella realizzazione delle nuove infrastrutture. Nessuna paura di far troppo, magari assecondando le tesi spesso strumentali di chi evoca invece il pericolo di una "bolla" da troppo gas. «l'Italia può e deve diventare anzi un hub del gas per tutto il Sud Europa», afferma Francesco Casoli, imprenditore e ora senatore Pdl.
Ma come sbloccare le infrastrutture disegnate, impostate e poi regolarmente bloccate nel pantano della burocrazia ma soprattutto dei dissidi con le amministrazioni locali? L'obbligo è drastico: rivedere nuovamente il titolo quinto della Costituzione, riportando saldamente il timone nelle mani dello Stato. L'appello viene, tra gli altri, da Zuccoli e da Francesco Giorgianni, responsabile dei rapporti istituzionali Enel.

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