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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2011 alle ore 06:43.

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Italia mia, ti si sono ristretti i talenti. Nel global talent index 2011 di Heidrick & Struggles, l'Italia al 23esimo posto era e al 23esimo posto è rimasta. A pari merito con la Grecia, il Paese a cui qualunque Stato in questo periodo non vorrebbe essere paragonato. Dieci posizioni più in basso della Germania, il Paese a cui, invece, molti Stati vorrebbero assomigliare. Gli Usa mantengono ben saldo il dominio della classifica, seguiti dai Paesi nordici: Danimarca, Finlandia, Norvegia. Nessun conforto arriva nemmeno dall'outlook per il 2015: il terzetto di testa rimarrà lo stesso, guadagneranno posizioni la Svezia (3), il Canada (6), la Germania (2), la Francia (3).
L'Italia? Appunto, sempre ferma al 23esimo posto, a difendere, più che ad aggredire i fattori che la incollano in una posizione non allineata con l'essere considerata la settima economia del mondo.
Come si spiega lo scollamento tra il 23 che indica la posizione in classifica del paese e il 7 che indica la posizione della nostra economia? Innanzitutto va precisato che l'index è il risultato di sette fattori: la qualità della forza lavoro, l'analisi demografica, il sistema scolastico primario e secondario, l'ambiente di sviluppo, l'apertura, l'attrattività dei talenti. I primi due pesano per una quota pari al 22,2% ciascuno, gli altri cinque per una quota pari all'11,1%.
A penalizzare di più l'Italia nel confronto con il resto del mondo sono l'educazione universitaria al 39% nella scala di punteggio, contro l'82,9% degli Stati Uniti, la qualità della forza lavoro al 51,8% contro l'88,8% degli Stati Uniti, l'ambiente dei talenti al 56,9% contro il 100% degli Stati Uniti.
Una prima considerazione riguarda l'analisi demografica, che riguarda l'età media del paese, e ci vede scendere dal 43esimo al 49esimo posto. È la conferma del nostro declino in termini di natalità. Certamente non è una buona prospettiva per l'alimentazione di un pool di talenti che possono mantenere l'Italia ad un livello adeguato in termini di eccellenza.
Andando oltre la demografia, il dato più perfettibile sta nella qualità del sistema scolastico obbligatorio. «Scende di 4 punti, facendoci perdere ben 9 posizioni, dal 14esimo al 23esimo posto» spiega Maurizio Panetti, managing partner per l'Italia di Heidrick & Struggles. Quel sistema scolastico, primario e secondario, che è stato il nostro fiore all'occhiello in passato, «mostra adesso le sue debolezze, misurate in termini di durata dell'obbligatorietà, investimenti in rapporto al Pil e al numero di studenti, sviluppo e offerta della scuola secondaria, anni di scolarizzazione, numero di insegnanti», elenca Panetti. Può essere questa la culla dei talenti? Qualche dubbio è almeno lecito averlo.

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