Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2011 alle ore 09:29.

My24

C'è un autentico tesoro nascosto negli abissi della regolamentazione e delle barriere alla concorrenza. Il quinto punto del manifesto del Sole 24 Ore sintetizza in poche righe una delle leve di crescita più trascurate in Italia negli ultimi anni, anche in presenza di richiami arrivati da organismi internazionali. In tema di apertura dei mercati – dai servizi alle professioni – siamo ancora lontani dal vertice delle graduatorie dei Paesi più avanzati, sebbene in alcuni settori (tlc, elettricità) si sia già fatto molto.

Di fronte alle minacce della crisi e della speculazione, la manovra appena licenziata dal Parlamento ha imbarcato in extremis anche il tema liberalizzazioni, confinandolo però a una dichiarazione di principio in base alla quale, trascorsi otto mesi dalla data di entrate in vigore della legge di conversione, «ciò che non sarà espressamente regolamentato sarà libero». Nel frattempo sarà un'Alta commissione – composta da esperti dei vari ministeri – a confrontarsi con le categorie in vista delle proposte di riforma che saranno formulate dal Governo. Uno schema, che dovrà riguardare sia i «servizi» sia «le attività economiche», i cui contenuti centrali sono tutti da inventare.

In questa cornice, entrando nel dettaglio dei possibili fronti di intervento, si inserisce la proposta del Sole 24 Ore. Per immaginarne l'impatto basta rifarsi alle ultime stime. Secondo un report del Centro studi Confindustria su dati Bankitalia, le liberalizzazioni produrrebbero su 20 anni un incremento di Pil del 10,8% per cento. Quasi l'1,8% annuo se si adottasse una terapia shock (in tutti i campi e in tempi rapidi), o almeno – come rilanciato anche da alcune valutazioni del presidente dell'Antitrust Antonio Catricalà – l'1,4-1,5% in un contesto di azioni più graduali. In termini invece di consumi delle famiglie, secondo un'analisi Cermes-Bocconi-Federdistribuzione, rilanciare le liberalizzazioni su commercio, farmaci, benzina, assicurazioni e banche produrrebbe un aumento del 2,5% annuo. E anche letti da un altro punto di vista, ovvero come costi aggiuntivi per le imprese, i numeri non sono di minore impatto: Confartigianato, ad esempio, stima per gli imprenditori una "tassa" da mancate liberalizzazioni per 7,8 miliardi l'anno.

Non basta. L'Ocse calcola per l'Italia un guadagno del 14,1% di produttività su 10 anni dall'abbattimento di persistente barriere all'entrata: il 7,4% potrebbe derivare dalla liberalizzazione dei soli servizi professionali, il 4,9% dal commercio. Numeri siginificativi vista la provenienza, l'Ocse infatti anche di recente non ha mancato di rammentarci gli eccessi di regolamentazione: l'Economic Survey sul nostro Paese dello scorso maggio ha elencato tra le riforme più urgenti proprio la riduzione dei vincoli alla competizione. Quali sono i nodi? Gli indicatori Ocse registrano nell'ultimo decennio un buon progresso italiano nelle utilities – comunicazioni, energia, trasporti – ma nel frattempo sono cresciute le barriere all'entrata e la presenza pubblica, esplosa con il fenomeno dell'in house.

Il problema è che lo strumento ideato per dare una scossa ad ampio raggio non è mai stato approvato. La legge sviluppo del 2009 ha previsto la predisposizione ogni anno di un disegno di legge annuale per la concorrenza che però non ha mai visto la luce. In base alle raccomandazioni dell'Antitrust, il Ddl avrebbe dovuto contenere misure anche su farmaci e parafarmacie, sul commercio, sulla rete dei carburanti, tutti punti messi al centro della proposta del Sole-24 Ore. Ma l'obiettivo è stato mancato in due casi su tre.

Dopo lunghi travagli, nella manovra, sono stati eliminati i vincoli alla vendita di prodotti non oil nelle stazioni di rifornimento della benzina, ma ha perso anche questo treno la liberalizzazione dei farmaci di fascia C richiesta a gran voce da Catricalà e per il commercio, la cui deregulation fin dai tempi del decreto Bersani è condizionata dai vincoli delle amministrazioni locali, è arrivata solo una misura sugli orari nelle città d'arte. Niente da fare nemmeno per il potenziamento dell'Antitrust seppure nei mesi scorsi tra i tecnici del governo si sia abbondantemente discusso del tema, ipotizzando almeno un rafforzamento degli interventi sulle pratiche commerciali scorrette.

Il quadro è più confortante, ma ancora incompleto, sulle semplificazioni. Molto si è fatto con il decreto sviluppo, ad esempio in tema di appalti, fisco e privacy, eppure in Italia non è ancora riuscito ad affermarsi il principio secondo il quale nessun cittadino o impresa è tenuto a presentare certificazioni che siano già in possesso della Pa. Il Ddl Brunetta-Calderoli prevede l'effettività di tale obbligo, ma è ancora fermo al Senato, così come lo Statuto delle imprese che prevede la medesima norma a tutela delle Pmi.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi