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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2011 alle ore 06:41.

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RIMINI. Dal nostro inviato
«Fiat continuerà a fare auto, l'Italia ha ancora voglia di produrle?». Parla John Elkann, dalla platea del meeting di Rimini e in prima fila Sergio Marchionne applaude. Presidente e amministratore delegato. Raro vederli insieme, in genere si dividono le "presenze", ma il messaggio lanciato ieri dal Lingotto evidentemente doveva arrivare da entrambi i canali: proprietà e management. L'amministratore delegato di Fiat arriva a Rimini a sorpresa, dopo il blitz di domenica per seguire l'intervento di Napolitano, e getta nuove ombre sulle prospettive degli investimenti in Italia. «Sono 18-19 mesi che ripeto la stessa cantilena – spiega –, è quasi noioso: solo quando avremo la certezza di poter governare i posti in cui vogliamo investire lo faremo. Ora - scandisce – la certezza non c'è. Su Pomigliano è un impegno preso e l'investimento è partito, quello che abbiamo fermato riguarda Mirafiori e Grugliasco. Stiamo aspettando che esca in dettaglio l'opinione del giudice di Torino. Analizziamo quello e il provvedimento di legge che è stato proposto (norme sui contratti aziendali in Dl manovra, ndr) e vediamo se ci dà certezza di stabilità. Se abbiamo questa certezza andiamo avanti. Tutto lì. La voglia di fare e continuare a fare investimenti c'è. Non è cambiato assolutamente niente».
Si attende dunque da un lato la conferma parlamentare della manovra, che dovrebbe dare validità retroattiva "erga omnes" ai contratti di Pomigliano e Mirafiori, («ma se è anticostituzionale sarà buttato giù» – spiega il manager) così come le motivazioni della sentenza di Torino sullo stabilimento campano. Sentenza che se per un verso spiana la strada al contratto innovativo e alla newco, dall'altro condanna Fiat per condotta antisindacale e la costringe a reintrodurre la Fiom nelle rappresentanze interne. «Da multinazionale qual è, – aggiunge Marchionne – Fiat vuole cercare di portare lavoro in questo paese utilizzando la base operativa del paese stesso e le sue capacità professionali. Se il Paese lo vuol fare lo fa, se non lo vuol fare non si fa».
Scelte di investimento che cadono in un momento delicato per l'auto con un mercato italiano che per Marchionne sarà il più basso dal 1996, con prospettive non buone anche per il 2012. «Non è un mercato sano – spiega – del resto se c'è incertezza sul lavoro le auto non si comprano, e anche un aumento dell'Iva non aiuterebbe». Tuttavia il manager conferma al momento tutti i target, anche grazie alle vendite della Freemont, al di sopra delle stime.
Quanto alla caduta in Borsa (ieri però interrotta da un balzo del 6,63% per la Spa) e alla possibilità che questo modifichi i piani del Lingotto, il manager è netto: «La Fiat – spiega – non ha alcuna intenzione di aumentare il capitale. Stiamo facendo un gran minestrone di valori di borsa e di finanziamenti dell'azienda. La Fiat, dopo il covered del 2005, non ha emesso un euro di capitale, ha gestito da sola gli scorsi sei anni». Secondo Marchionne, «i finanziamenti che otteniamo sono attraverso i mercati internazionali e non hanno niente a che fare con i valori di Borsa». Smentiti anche i rumors di uno spostamento del quartier generale in Olanda. «Non è un'idea Fiat, non so come nascano certe idee, forse in estate con il caldo».

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