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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2011 alle ore 06:39.

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Marco Nicolai, presidente del Consiglio di gestione di Finlombarda (Imagoeconomica)Marco Nicolai, presidente del Consiglio di gestione di Finlombarda (Imagoeconomica)

Hanno svolto un'utile funzione anticiclica, sobbarcandosi però un «impegno improbo» rispetto al loro ruolo e alla loro organizzazione. Così oggi i confidi sono in sofferenza e mostrano nel complesso un impianto economico e patrimoniale "debole", che va con urgenza corretto, migliorando la governance, la patrimonializzazione e la trasparenza contabile. Non solo: il processo di consolidamento va accelerato per garantire economie di scala e di specializzazione più adeguate alle nuove sfide poste dalla crisi.

A fotografare pregi e difetti di una realtà significativa sia in termini di operatori coinvolti che di grandezze finanziarie messe in gioco è una ricerca di Finlombarda, in collaborazione con l'Università di Torino, sul sistema dei confidi in Italia: 451 quelli attivi, 1,2 milioni le imprese associate, 2.300 dipendenti e uno stock di garanzie - appunto 21 miliardi di euro - erogate per supportare il finanziamento a circa un quarto delle imprese italiane con meno di 20 addetti.

Gap territoriale
Partendo proprio dall'aggregato dello stock di garanzie, emerge subito una forte eterogeneità. «I 147 confidi di primo grado del Nord erogano il 63% delle garanzie - osserva Marco Nicolai, presidente del Consiglio di gestione di Finlombarda – mentre i 169 di Sud e Isole concedono solo il 15%: un protagonismo del Nord e una debolezza del Mezzogiorno che tendono ad ampliarsi nel tempo».

L'impiego di garanzie - e questo è un trend che mette a rischio la sostenibilità del sistema - cresce in misura asimmetrica rispetto agli impieghi bancari. L'analisi di Finlombarda, che ha passato al microscopio i bilanci dei confidi attivi, segnala un aumento cumulato nel quadriennio 2006-2009 del 41,3%, a fronte di un'evoluzione degli impieghi degli intermediari bancari in diminuzione. «Ciò dimostra - sottolinea Nicolai - che, oltre a supportare il finanziamento delle imprese, sulle spalle dei confidi si sta anche spostando parte del rischio che in passato le banche gestivano autonomamente».

Frammentazione eccessiva
Sul piano organizzativo i confidi non garantiscono economie di scala e di specializzazione. Il 17% dei confidi di primo grado non ha nemmeno un dipendente e un altro 22% ne ha uno solo. «Se poi consideriamo - aggiunge Nicolai - che lo stock erogato dai confidi con meno di cinque dipendenti, pari al 70% del totale, è meno del 13%, è facile intuirne il grado di inefficienza. In più i sistemi di governance sono complessi e ridondanti: nei confidi di primo grado si contano 3.057 amministratori, il che significa che hanno in media 7,9 consiglieri e 5,9 dipendenti». Limiti organizzativo-gestionali acuiti anche dal fatto che «solo il 18% dei confidi minori ha bilanci certificati, il 13% possiede una certificazione di qualità e nessuno gode della valutazione di un'agenzia di rating».

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