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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2011 alle ore 18:02.

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NEW YORK – L’indifferenza e l’apatia di Washington, da parte del Congresso e del Presidente Barack Obama, verso i negoziati del Doha Round, così come l’allarme e la preoccupazione negli altri paesi da parte dei leader di stato per la fiacchezza delle trattative, segnano la fine dell’era post-1945 di leadership americana sul libero scambio multilaterale.

Per quasi un anno ci sono stati segnali evidenti di ansia al di fuori degli Stati Uniti. Il Cancelliere tedesco Angela Merkel ed il Primo Ministro britannico David Cameron sono arrivati addirittura ad appoggiare il Presidente turco Abdullah Gül ed il Presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono nella decisione di nominare me e Peter Sutherland come co-presidenti dell’High-Level Trade Experts Group nel novembre del 2010. A gennaio 2011 si è tenuto un prestigioso panel con questi stessi leader in occasione del quale, durante la presentazione del nostro Interim Report, abbiamo sostenuto in modo incondizionato la necessità di concludere le negoziazioni di Doha. Non abbiamo tuttavia mai ricevuto risposta dal governo statunitense.

A settembre, l’ex Primo Ministro britannico, Gordon Brown, l’ex Primo Ministro spagnolo, Felipe González e l’ex Presidente messicano, Ernesto Zedillo, hanno ricordato ai leader del G-20 che nel novembre del 2009, durante il primo incontro a Londra, si erano impegnati a… portare a termine il Doha Round entro il 2010. Due settimane fa si è tenuto invece un altro incontro delle Nazioni Unite sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals). L’obiettivo numero 8 riguarda gli strumenti, tra cui il commercio e gli aiuti, mentre l’8A impegna gli stati membri dell’ONU a sviluppare ulteriormente un sistema finanziario e di scambio che sia aperto, regolamentato, prevedibile e non discriminatorio.

Ma se è pur vero che quasi tutti i paesi hanno, ad oggi, optato per gli accordi preferenziali (Free Trade Agreements), negli ultimi tempi gli Stati Uniti sono diventati leader in questo campo. Sembra infatti che il congresso ed il Presidente non abbiano problemi di tempo per discutere gli accordi preferenziali bilaterali con la Corea del Sud, la Colombia e Panama e per le Trans-Pacific Partnership a livello regionale, ma che non riescano invece a trovare un attimo per discutere il non discriminatorio Doha Round che sta ormai languendo nel suo decimo anno di trattative.

E’ degno di nota il fatto che nel discorso sullo Stato dell’Unione del gennaio 2010 Obama aveva per lo meno menzionato il Doha, mentre in quello del gennaio 2011 non lo ha proprio fatto. Si è invece limitato a promuovere gli accordi bilaterali in sospeso con la Colombia e con altri paesi dei mercati emergenti.

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