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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2011 alle ore 15:54.

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I mercati sono l'essenza di un'economia di mercato così come i limoni sono l'essenza della limonata. Il succo di limone puro è quasi imbevibile. Per fare una buona limonata, vanno aggiunti acqua e zucchero. Ovviamente, cosí come se ci si mette troppa acqua si finisce per rovinare la limonata, allo stesso modo un'eccessiva ingerenza da parte dello Stato può danneggiare il funzionamento dei mercati. La soluzione non è quella di eliminare l'acqua e lo zucchero, ma di azzeccare le proporzioni. Hong Kong, che Friedman portó come caso esemplare di società di libero mercato, rimane l'eccezione alla regola dell'economia mista, e perfino lì il governo ha giocato un ruolo importante, ad esempio nel provvedere terreni per le abitazioni.

L'immagine di Friedman che la maggior parte delle persone conserverà sarà il sorridente, minuto, umile professore che regge una matita di fronte alle telecamere di Free to Choose per illustrare la forza dei mercati. Ci sono volute migliaia di persone in tutto il mondo per fare questa matita, diceva Friedman – per estrarre la grafite, tagliare il legname, assemblare i componenti, e immettere nel mercato il prodotto finale. Nessuna singola autorità centrale ha coordinato le loro azioni; questa impresa è stata compiuta grazie alla magia del libero mercato e del sistema di prezzi.

Più di trent'anni dopo, possiamo trovare un'interessante epilogo alla storia della matita (che a dire il vero era basata su di un articolo dell'economista Leonard E. Read). Oggi giorno, la maggior parte delle matite nel mondo sono prodotte in Cina – un'economia che è un mix peculiare di impresa privata e direzione statale.

Un Friedman dei nostri giorni si domanderebbe come la Cina sia riuscita a dominare l'industria delle matite, così come molte altre industrie. Ci sono migliori giacimenti di grafite in Messico e Corea del Sud. Vi sono riserve forestali più estese in Brasile ed Indonesia. La Germania e gli Stati Uniti possiedono tecnologie più avanzate. La Cina possiede un sacco di mano d'opera a basso prezzo, ma così anche il Bangladesh, l'Etiopia, e molti altri paesi poveri e popolosi.

Senza dubbio, il credito più grande va all'iniziativa degli instancabili imprenditori e lavoratori cinesi. Ma la storia della matita oggi giorno risulterebbe incompleta se non venissero citate le industrie statali cinesi, che hanno fatto l'investimento iniziale in tecnologia e formazione della mano d'opera; lasse politiche di gestione delle foreste, che hanno artificialmente mantenuto a basso prezzo il legname; generosi sussidi alle esportazioni; e l'intervento statale nel mercato delle valute, che dona ai produttori cinesi un significativo vantaggio in termini di costi. Il governo cinese ha sussidiato, protetto e stimolato le sue aziende per assicurare una rapida industrializzazione, alterando dunque a suo favore la divisione globale del lavoro.

Friedman stesso avrebbe osteggiato queste politiche governative. Eppure, decine di migliaia di lavoratori occupati nelle fabbriche di matite cinesi sarebbero rimasti con ogni probabilità poveri contadini se il governo non avesse dato una piccola spinta alle forze del mercato per far decollare l'industria. Dato il successo economico della Cina, è difficile negare il contributo delle politiche governative di industrializzazione.

Il posto nella storia del pensiero economico degli entusiasti del libero mercato resta al sicuro. Ma i pensatori come Friedman lasciano un'eredità ambigua e sconcertante, perché sono stati gli intervenzionisti ad avere successo nella storia economica, laddove conta davvero la realtà.

Dani Rodrik, Professore di Economia Politica Internazionale all'Università di Harvard , è autore di The Globalization Paradox: Democracy and the Future of the World Economy (Il paradosso della globalizzazione: la democrazia ed il future dell’economia mondiale).

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.org

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