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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2011 alle ore 17:49.

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NEW YORK – Quando il presidente francese Nicolas Sarkozy, in veste di presidente di turno, ha fissato il summit del G20 per il 3-4 novembre a Cannes, ha chiesto al Fondo monetario internazionale di sviluppare un codice di condotta esecutivo per l’uso dei controlli di capitale (o attività di vigilanza sui conti capitale, come preferiamo chiamarli noi) nel sistema economico mondiale. Il Fmi ha risposto all’appello pubblicando ad aprile una serie di linee guida preliminari.

Le attività di vigilanza sui flussi di capitale oltrefrontiera sono state stranamente estromesse dall’agenda del G20, che invece dovrebbe rafforzare la regolamentazione finanziaria. Rappresentano però un elemento centrale nella volatilità finanziaria che ha invocato prima di tutto una maggiore regolamentazione. Il Fmi ha dimostrato che i Paesi che si avvalgono delle attività di vigilanza sui conti capitale sono stati colpiti meno duramente all’apice della crisi finanziaria globale. Dal 2009 il Fmi accetta e raccomanda che tali attività vengano applicate per gestire le massicce ondate di hot money verso i mercati emergenti.

Ciò premesso, se da un lato il codice proposto dal Fmi è un passo fatto nella giusta direzione, dall’altro sembra essere sbagliato. L’approvazione da parte del G20 delle linee guida redatte dal Fondo non sarebbe una mossa saggia per un’economia mondiale che cerca di risollevarsi da una crisi finanziaria e che vuole prevenire la prossima.

Considerati i bassi tassi di interesse e la lenta ripresa dei Paesi avanzati, accompagnati dagli elevati tassi di interesse e dalla rapida crescita dei mercati emergenti, gli investitori di tutto il mondo si spostano in massa dai Paesi avanzati a quelli emergenti, tra cui Brasile, Cile, Corea del Sud, Taiwan. Poi, negli ultimi mesi, hanno abbandonato in massa quei Paesi emergenti, a dimostrazione ancora una volta di quanto siano volatili e pericolose queste ondate di capitali.

In effetti, come ha evidenziato il Fmi nel World Economic Outlook, questi flussi rischiano di gonfiare in modo esagerato le bolle azionarie, di ostacolare i Paesi nel perseguire una politica monetaria indipendente e di innescare un apprezzamento valutario con le relative perdite in termini di competitività dell’export. La moneta del Brasile, ad esempio, si è rivalutata di oltre il 40% dal 2009 ad agosto 2011, prima di registrare un indebolimento negli ultimi mesi.

Alcuni Paesi hanno reagito restando fermi, mentre molti, inclusi i Paesi industrializzati come Giappone e Svizzera, sono intervenuti in maniera pesante nei mercati valutari. Alcuni sono ricorsi alle attività di vigilanza sui conti capitale per stabilizzare i flussi di denaro, introducendo ad esempio tasse sugli acquisti esteri di bond, titoli e derivati, e requisiti di riserva sui flussi a breve scadenza.

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