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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2011 alle ore 06:41.

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PAGINA A CURA DI
Giuseppe Latour
Qualche soldo, buone competenze e tanta voglia di avviare la propria azienda. Oggi in Italia questi tre ingredienti possono non bastare per fare impresa. Lo abbiamo sperimentato in prima persona, compiendo tutti i passaggi che un giovane imprenditore deve fare per portare i suoi sogni sul mercato.
Consulenti per start up, notai, banche, commercialisti e Camera di commercio: l'elenco delle persone con le quali parlare - almeno 5 gli step per cominciare - si allunga ad ogni passaggio. Anche se, nel nostro caso, l'idea è aprire un'azienda web: né dipendenti e né sede, solo due soci che scommettono sulle loro capacità. E, quindi, autorizzazioni ridotte all'osso. Se avessimo provato ad aprire, più prosaicamente, una ricevitoria, sarebbero servite una denuncia di inizio attività alla questura, l'autorizzazione della Sisal per il Superenalotto, la concessione del Coni per il Totocalcio, la concessione dei Monopoli per le lotterie e un'autorizzazione specifica per il Lotto.
Nel nostro caso, invece, abbiamo portato in giro l'idea di un portale di "video blogging", una piattaforma multimediale di video e articoli che coinvolga gli utenti direttamente nella produzione dei contenuti. Per provare a realizzare l'idea ci siamo messi nei panni di un giovane laureato in ingegneria informatica e di un suo amico, esperto di riprese video. Lo abbiamo fatto a Roma, partendo da Bic Lazio, la società della Regione che fornisce assistenza a imprese e aspiranti imprenditori.
Correggere il tiro
«Mi sembrate sguarniti sul marketing». Superati i complimenti per l'idea, dopo un paio di minuti dal consulente di Bic (la società regionale per la creazione e lo sviluppo d'impresa) salta fuori una difficoltà strutturale: in azienda non c'è nessuno in grado di vendere il nostro prodotto. «E nemmeno qualcuno capace di gestire la parte contabile». Quindi, il consiglio è: «Uno di voi due si occupi del marketing, l'altro segua un corso di formazione per apprendere qualche rudimento di come si gestisce un'impresa». La Regione Lazio, ad esempio, mette a disposizione parecchi corsi gratuiti. Non costano nulla, ma bisogna perderci un paio di mesi.
Fuori i soldi (propri)
Parlando del business plan, l'ostacolo più importante è il denaro. «Il mio capitale è bassissimo - spiego -. Posso farcela solo con finanziamenti pubblici e privati?». Il consulente Bic mi guarda con preoccupazione. «Avviare un'impresa - dice - è impossibile se non hai un capitale di partenza. Anche in presenza di agevolazioni, comunque dovrai anticipare denaro». Insomma, senza soldi propri è impossibile farcela. Le porte alle quali bussare sono due: finanziamenti pubblici e banche. Chiedo qualche suggerimento. C'è la Camera di Commercio di Roma, che mette a disposizione un finanziamento per un massimo di 80mila euro per le società. «In sostanza, si tratta di un mutuo». E ci sono i fondi per l'autoimprenditorialità (dlgs 185/2000), gestiti da Invitalia. In questo caso il massimale è di 129mila euro. Stavolta, in parte mi verrebbero concessi a fondo perduto. Mentre per i bandi Por della Regione non ho i requisiti. «Poi - mi spiega un amico con una piccola impresa - considera che i finanziamenti pubblici arrivano, a volte, in molti anni».

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