Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2011 alle ore 18:05.

My24


STANFORD – Le dimissioni del Primo Ministro greco George Papandreou e del Primo Ministro Italiano Silvio Berlusconi hanno evidenziato come la Grecia, l’Italia e molti altri paesi abbiano oscurato per troppo tempo i problemi cronici dei loro ingombranti settori pubblici tramite l’elargizione di sussidi sociali insostenibili. Per molti di questi paesi é ormai divenuto davvero inevitabile effetuare riforme sensate.

I sistemi di previdenza sociale in Europa, cosí come negli Stati Uniti, in Giappone ed in altri paesi, furono disegnati in circostanze economiche e demografiche profondamente differenti – maggiore crescita economica, popolazione in aumento, minore aspettativa di vita – da quelle prevalenti oggi giorno. I governi (l’attenzione al momento é incentrata su quello greco e quello italiano, ma non sono i soli) hanno promesso troppo, a troppe persone, per troppo tempo. Il mio libro del 1986 Troppe Promesse indicava precisamente le stesse problematiche con riferimento al sistema di welfare statunitense.

Questo problema fondamentale si é ora manifestato nella dinamica di un debito pubblico insostenibile. L’appartenenza all’euro, che ha temporaneamente permesso di ottenere credito in modo massiccio a bassi tassi di interesse, l’ha semplicemente aggravato.

Una riforma dei trasferimenti dello stato sociale é l’unica soluzione permanente alla crisi europea. Si puó sperare che, con l’aiuto dei governi nazionali, della Banca Centrale Europea (BCE), del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (EFSF), vengano tappate le falle nella diga del finanziamento dei debiti pubblici, e che le banche europee vengano ricapitalizzate. Ma ció funzionerá solo se delle riforme strutturali renderanno queste economie più competitive. Esse devono allo stesso tempo abbassare la pressione fiscale e ridurre i trasferimenti troppo ingenti. Troppe persone ricevono sussidi rispetto a quanti lavorano e pagano le tasse.

Nel frattempo, la preoccupazione del mercato obligazionario riguardo ai deficit fiscali e alle dinamiche del debito sta spingendo verso l’alto il costo del credito per questi paesi. Politiche di breve e lungo termine sono dunque strettamente legate; a meno che le misure tampone non siano combinate con riforme strutturali di lungo termine, un altro disastro pari all’attuale – se non peggiore – risulterá inevitabile.

Sono tre i fattori fondamentali che determinano l’evoluzione del debito pubblico di un paese: il suo tasso di crescita economica; il suo costo del debito; e la posizione del suo saldo primario (il saldo di bilancio al netto della spesa per interessi sul debito). Un paese con un avanzo primario ha sufficienti entrate per pagare le sue spese correnti, ma non la spesa per interessi. Interessi più elevati, minor crescita, ed un avanzo primario più debole portano tutti a far salire la traiettoria del rapporto tra debito e prodotto interno lordo. L’Italia sta oggi pagando un tasso d’interesse annuale del 7% sul suo debito pubblico, con la sua economia in crescita solo dell’1%. Quindi, l’Italia necessita di avanzi primari consistenti e sostenuti nel tempo, di una crescita molto più elevata, e/o tassi d’interesse più bassi per evitare una ristrutturazione del suo debito.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi