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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2011 alle ore 18:05.

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Un percorso credibile verso avanzi primari sufficienti ridurrebbe i tassi d’interesse. Nel lungo periodo, se gli avanzi primari sono ottenuti attraverso un controllo delle spese, l’aumento nel risparmio nazionale promuoverebbe gli investimenti e la crescita, mentre maggiori tasse andrebbero nella direzione opposta. Dal dopoguerra i consolidamenti fiscali di successo nei paesi OCSE sono consistiti in tagli alla spesa in media di 5-6 dollari per ogni dollaro di aumento della pressione fiscale.

Alcuni esperti, come l’ex-presidente della BCE Jean-Claude Trichet, sostengono che un consolidamento fiscale sia espansivo. Nello specifico, aumenterebbe la fiducia dei mercati portando ad una riduzione dei tassi di interesse, che compenserebbe ogni effetto diretto sulla domanda, come accaduto in Irlanda e Danimarca negli anni ‘80. Ma ció é meno plausibile oggi, dato che molti paesi stanno intraprendendo un consolidamento fiscale simultaneamente, i tassi di interesse non sui debiti sovrani sono giá molto bassi, e l’unione monetaria impedisce ai paesi dell’eurozona più colpiti – Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna – di aumentare la loro competitivitá attraverso una svalutazione.

Sarebbe necessario avere avanzi primari consistenti per molti anni per stabilizzare il rapporto del debito sul PIL riducendolo gradualmente sotto la soglia di sicurezza del 60% (l’Italia e la Grecia sono ben oltre il 100%). Un programma credibile di riforme di lungo periodo deve essere implementato adesso, mentre misure di emergenza – acquisto di titoli pubblici da parte della BCE, dell’FMI e del EFSF – forniscono una boccata d’ossigeno. Se gli avanzi primari fossero insufficienti, le misure temporanee serviranno soltanto a rimandare l’inevitabile debacle del debito.

Una formula aritmetica ancor più fondamentale sta al centro del dilemma del debito. L’aliquota fiscale richiesta per finanziare lo stato sociale dipende da tre fattori: il tasso di dipendenza (il rapporto tra beneficiari e contribuenti); il tasso di rimpiazzo (il rapporto tra trasferimenti e salario medio); ed il tasso di crescita dell’economia (grossolanamente, la somma della produttivitá e del tasso di crescita della popolazione).

In altre parole, più generosi e diffusi sono i sussidi pubblici, più alte le aliquote dei contributi da versare. Questo problema chiave riguarderá anche i paesi del Nord Europa, nonostante l’apparenza attuale di forza economica coniugata a rigore fiscale.

Nelle economie europee ad alta imposizione fiscale, minore evasione o misure selettive sui redditi possono produrre soltanto un piccolo aumento di gettito senza compromettere la crescita. I tagli alla spesa sono il solo modo per migliorare in maniera significativa i saldi di bilancio. Ma tale strada si presenta in salita. In molti paesi europei, lo stato paga dei sussidi ad una maggioranza della popolazione.

La domanda chiave é se il nuovo Primo Ministro greco Lucas Papademos e la sua nuova controparte Italiana, Mario Monti, entrambi stimati economisti, avranno le doti di leadership per navigare attraverso queste acque in tempesta. I loro esempi saranno un banco di prova per vedere se le altre democrazie europee con popolazioni fortemente dipendenti dai sussidi pubblici saranno in grado di controllare gli eccessi del loro stato sociale.

Non é una sfida impossibile. Il Canada ha messo in atto una sostanziale ritirata dai peggiori eccessi dello stato sociale, con i governi sia di centro-sinistra sia di centro-destra che in equal misura hanno ridotto il rapporto tra spesa pubblica e PIL di 8 punti percentuali negli ultimi anni. Diversi paesi europei stanno considerando di inalzare la loro incredibilmente bassa etá di pensionamento, se non l’hanno giá fatto. Date le tendenze demografiche, questa potrebbe davvero essere l’ultima chance per l’Europa di gettare delle fondamenta più solide per la sua prosperitá futura.

Wiston Churchill una volta disse dell’America che si puó contare che faccia la cosa giusta, una volta che abbia esaurito tutte le altre alternative. Speriamo che questo detto possa valere anche per l’Europa.


Michael Boskin, professore di economia all’universitá di Stanford e senior fellow all’Istituto Hoover, é stato presidente della Consulta di Consiglieri Economici del Presidente Americano George H. W. Bush.

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.org

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