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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2012 alle ore 18:18.

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Quando si dice l'insidia del l'incertezza. Che sta comunque creando a Snam visibili danni. Ci si interroga se l'andirivieni dello scorporo proprietario dall'Eni della società delle infrastrutture metanifere manterrà il "si proceda" che comparirebbe nell'ultima bozza governativa. O se il balletto continuerà. E gli analisti avvertono: i guai, in ogni caso, derivano proprio dal balletto. Che finisce paradossalmente per dar ragione a tutti i contendenti.

Ha qualche ragione il numero uno dell'Eni Paolo Scaroni, che assicura di non essere contrario alla separazione proprietaria da Snam ma rivendica il diritto e il dovere di non patire condizioni di vendita strangolate dalla fretta e dalla norma, disponendo semmai l'operazione nei tempi e nei modi più favorevoli. Continuano ad avere qualche ragione i paladini delle liberalizzazioni, che non giustificano la marcata discriminazione tra una rete di trasporto elettrico resa pienamente neutrale (con Terna, che si batte bene anche all'estero) e un sistema di metanodotti separato normativamente ma ancora piazzato nella pancia proprietaria del cane a sei zampe.

Del resto è dal 2003 che negli atti legislativi che hanno scandito la nostra politica economica compare l'indirizzo "strategico" della separazione proprietaria. Per ribadirlo periodicamente. Salvo addolcirne poi la priorità, come ha fatto nuovamente dieci giorni fa Antonio Catricalà, ora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dopo essere stato presidente Antitrust (il cui attuale presidente, Giovanni Pitruzzella si è peraltro detto favorevole alla separazione).

Qualche ragione ha, forse, l'ex presidente dell'Authority per l'Energia, Alessandro Ortis. Che punta l'indice sui guai che il balletto ha finora provocato, indicando però anche una sua soluzione.

Il guaio è (sembra strano ma è così) di matrice europea. Visto che tutta la Snam continuava a rimanere nella pancia dell'Eni la Ue, che peraltro non ha imposto la separazione proprietaria a nessun Paese dell'Unione, ha accettato come "sufficiente" anche per l'Italia la separazione gestionale di Snam Rete Gas dall'Eni. La Snam è stata così conformata con un nuovo marchio (è bastato tornare a quello antico), con nuove regole e con quattro società operative: trasporto con Snam Rete gas affidata alla gestione indipendente e dunque neutrale, stoccaggio con Stogit già neutrale per legge, commercio e distribuzione finale con Italgas, rigassificazione in patria con l'impianto di Panigaglia (ancora semi-egemone perché i progetti per gli altri rigassificatori "privati" procedono con italica lentezza).

Peccato che le autorità Antitrust abbiano intanto vietato all'Eni di esercitare una partecipazione diretta nei grandi gasdotti internazionali che ci alimentano. Si è così proceduto a separarli, con due soluzioni. La nostra Cassa depositi e prestiti ha rilevato la partecipazione Eni in Tag, che attraverso l'Austria ci porta il gas siberiano. E poi (poche settimane fa) la belga Fluxis ha perfezionato l'acquisizione da Eni della partecipazione in Transitgas e Temp, che via Svizzera e Germania ci collegano al nord.

«Ci stiamo alleando con Fluxis per essere strategici negli hub europei» annuncia ora l'ad di Snam Carlo Malacarne (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Ortis propone qualcosa di più ardito ma più semplice. Snam si separi dall'Eni mantenendo un ferreo controllo italiano, con la regia attiva di Cassa depositi e prestiti. In sintesi: Cdp esce da Eni (di cui detiene il 26,4%) per acquisire il 30% di Snam, la stessa quota che detiene in Terna. Intanto il Tesoro potrebbe cedere parte o tutto il suo 4% residuo in Eni nonché il 31,2% in Enel. Vantaggi? Tanti, sostiene Ortis.

Il prezzo "equilibrato" sarebbe garantito dalla regia statale, magari con la collaborazione dell'Authority energia. Snam a quel punto potrebbe giocare liberamente in Europa acquisendo o riacquisendo infrastrutture. E potrebbe diventare davvero forte, senza limiti se non quelli della sua caratura e abilità. Terna e Snam godrebbero comunque di uno scenario omogeneo, magari con la possibilità di fondersi in quella grande società delle reti che piace a molti. E che potrebbe piacere anche agli strateghi del governo Monti.

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