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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2012 alle ore 08:28.

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Era sembrata una frase provocatoria, uno "strappo" voluto da Mario Draghi, già designato a Francoforte, nelle sue ultime Considerazioni finali da Governatore della Banca d'Italia: «Bisogna saper fare i banchieri anche quando le cose vanno male». Il messaggio aveva alzato il sopracciglio compassato degli astanti. Ma quel messaggio riecheggia ora nelle mail dei lettori del Sole 24 Ore che sottolineano quanto sia bruciante l'attuale fase di credit crunch. Anche i dati ufficiali lo confermano: a dicembre la riduzione dei prestiti era già stata pari all'1% che, cumulato nel trimestre sale all'1,2%. Lo spread pagato dalle imprese sui prestiti era quasi raddoppiato, dall'1,7 al 2,8%, un balzo che ha portato l'onere medio sugli impieghi presso le imprese al 4,2 per cento. Un tasso non ancora proibitivo, se non fosse condizionato a erogazioni sempre più limitate perchè concesse soltanto su base di garanzie sempre più cospicue (e spesso impossibili). La domanda delle imprese è in calo, ma non tanto quanto la stretta. Dire che il "cavallo non beve" è contraddetto da un dato: il recente sondaggio del Sole 24 Ore Nord Est ha dimostrato che l'80% delle imprese si era dovuto rivolgere al credito informale. All'usura. (a.o.)

Se la garanzia è un altro prestito
Sono socio di un'azienda che realizza e manutenta impianti termotecnici. Siamo specializzati nel settore civile. Le imprese di costruzione, anche quelle giudicate più sane non riescono a ottenere credito dalle banche. Neanche portando compromessi di appartamenti venduti. Le banche non prestano soldi neanche per finanziare costruzioni vendute su carta. Noi se vogliamo lavorare dobbiamo letteralmente "finanziare il cantiere" posticipando i pagamenti a rogito avvenuto esponendoci a rischi, spostando il nostro credito presso i clienti, con marginalità sulla commessa già basse dato il momento di altissima concorrenza (spesso sleale, tra l'altro). Per lavorare oramai i costruttori ci obbligano a prendere appartamenti o locali in permuta.
La situazione è insostenibile. Riusciamo a "tener botta" grazie al nostro tipo di gestione che da trent'anni si basa su un sistema di autofinanziamento, lavoriamo cioè da sempre con saldo attivo in banca. Nonostante ciò sono sicuro che, se chiedessimo credito alle banche, nonostante bilanci in utile da sempre, nonostante la buona reputazione di cui godiamo, sono certo che troveremmo problemi.
Vi faccio un esempio piuttosto chiaro: a fronte della richiesta di un mutuo di 150.000 euro, gli istituti ci hanno proposto di mettere a garanzia una somma di pari ammontare a garanzia del mutuo stesso. E' vergognoso.
Le banche al momento prestano denaro solo alle aziende che non possono permettersi di far fallire, a quelle aziende nei confronti delle quali si sono esposte in maniera sciagurata e poco lungimirante anni fa, gli anni della speculazione edilizia. Si è innescato un circolo vizioso.

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