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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2012 alle ore 08:09.

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Sette anni di attesa per una autorizzazione: sempre meno degli 11 che a Brindisi hanno determinato il passo indietro di British gas. Ma il traguardo, per il rigassificatore di Trieste progettato dalla spagnola Gas Natural Fenosa, non è dietro l'angolo.
A rendere la strada in salita ci sono una delicata trattativa internazionale con la vicina Slovenia, che chiede di poter essere parte in causa nella realizzazione di una serie di infrastrutture quali l'ampliamento del porto di Capodistria; un cambio di posizione del comune di Trieste, prima favorevole e ora (Giunta Cosolini, centrosinistra) decisamente contrario; l'opposizione di Legambiente e Wwf; un ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, che a fine febbraio ha parlato di «una questione ancora non chiusa» e di una compatibilità con il porto ancora da chiarire; il recentissimo ricorso al Tar da parte del Comune di Muggia, che chiede di non essere escluso dalla conferenza dei servizi che discuterà il progetto definitivo.

Nonostante tutto, «l'azienda è fiduciosa che nell'ambito dell'iter autorizzativo guidato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, venga valutata la portata positiva del progetto». Tuttavia, per il rigassificatore di Trieste, progettato nel 2004 dalla multinazionale spagnola, il futuro è ancora incerto: molto dipende dalla conferenza dei servizi convocata dalla Regione per il rilascio dell'autorizzazione unica. In quella sede diverse amministrazioni nazionali e locali saranno chiamate a esprimersi, ma senza pareri vincolanti: se non ci sarà l'unanimità ‐ e non ci sarà ‐ a pesare sarà il parere della Regione, che dai tempi di Riccardo Illy (centrosinistra) all'attuale governatore Renzo Tondo (centrodestra) ha detto sì. Del resto già si sa che i movimenti ambientalisti sono pronti a dare battaglia: sotto accusa i rischi per un bacino Adriatico settentrionale che già ospita l'oleodotto transalpino e un consistente trasporto merci via navi.

Per il sindaco di Trieste, «la documentazione attualmente disponibile non fornisce risposte sufficienti alle potenziali criticità: è chiaro che se il progetto dovesse venire approvato su queste basi, valuteremo il ricorso».
Eppure, proprio sotto il profilo ambientale, l'azienda ha concluso il procedimento di Via a livello nazionale nel 2009: si prevede anche che la costruzione dell'impianto venga preceduta dalla bonifica del sito gravemente inquinato di una porzione dell'area ex Esso, per un intervento stimato tra i 30 e i 40 milioni, a carico di Gas Natural.
Il piano prevede a Zaule, Trieste, la costruzione di una struttura on shore, ubicata nella zona portuale, con un investimento in capitale privato superiore ai 500 milioni.

Gas Natural Fenosa ha iniziato a investire in Italia dal 2002 dove, a seguito dell'ingresso nel settore della vendita del gas naturale, ha sviluppato attività d'espansione del settore della distribuzione arrivando a servire, in regime di concessione pubblica, più di 440mila utenti finali distribuiti oltre 200 comuni principalmente nel centro-sud del Paese.
Il progetto prevede una capacità di stoccaggio (due serbatoi criogenici) da 140mila metri cubi; una capacità di emissione di 1 milione di metri cubi/ora (potrà rigassificare 8 miliardi di mc l'anno) e una capacità di attracco di navi metaniere fino a 140mila metri cubi. Dal punto di vista occupazionale ‐ secondo studi commissionati dall'azienda ‐ nella fase di costruzione, la cui durata è prevista in 40 mesi, a livello regionale si produrrà complessivamente un incremento di occupazione pari a 4.515 nuovi posti di lavoro, dei quali 2.400 nelle costruzioni, 1.300 nel manifatturiero, oltre 700 nei servizi.

A regime, il rigassificatore occuperà circa 70 addetti, con un indotto di circa 320 posti di lavoro. La data della decisione finale non è ancora nota.
A Nord-Est, intanto, è in piena attività, al largo del Polesine, il rigassificatore di Rovigo. Attivo dal 2009, riceve gas liquefatto dal Qatar e lo immette nella rete italiana. È la prima struttura off shore al mondo in cemento armato per la ricezione, lo stoccaggio e la rigassificazione di gas naturale liquefatto. L'impianto, che si trova al largo di Porto Levante, ha una capacità di rigassificazione di 8 miliardi di metri cubi annui, circa il 10% del fabbisogno nazionale. Il mese scorso è andato fuori uso a causa del maltempo per alcuni giorni. «Il perdurare delle avverse condizioni meteorologiche ha avuto impatti sul programma di ormeggio delle navi metaniere per motivi di sicurezza», ha confermato la Adriatic LNG, società che gestisce l'impianto. Dopo tre giorni sono riprese le operazioni e oggi viaggia a regime.

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