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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2011 alle ore 18:31.

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Giuseppe Pasini, presidente Federacciai
«L'aumento dell'inflazione registrata è sostanzialmente dovuta ad un incremento del prezzo delle commodities oil e non oil fuori dall'area euro. L'aumento dei tassi in Europa, in un momento di ripresa ancora fragile, non ha il potere di frenare tale fenomeno, mentre sicuramente colpisce l'area economica più in ritardo sulla via del recupero dei livelli produttivi pre-crisi».

Massimo Ponzellini, presidente Bpm
«Un modico aumento dei tassi è accettabile ma deve pagare una raccolta più consistente da trasferire alle imprese sotto forma di finanziamenti e non aumentare la redditività degli azionisti. In questo momento le banche devono privilegiare lo sviluppo piuttosto che la redditività del capitale».

Mario Resca, dg ministero Beni Culturali
«Ritengo l'aumento dei tassi prematuro anche se inevitabile entro un anno. La fase recessiva trova le aziende italiane in difficoltà. L'aumento dei costi derivanti non sono facilmente trasferibili sui consumatori. Il debito pubblico italiano sarebbe particolarmente sotto pressione in una fase non ancora espansiva. Occorrono nuovi stimoli all'economia a costo zero come liberalizzazioni, stimoli e incentivi al turismo culturale».

Guido Rossi, consulente e professore
«L'aumento dei tassi in Europa può essere un pochino pericoloso perché frena la ripresa e rischia perfino di avere effetti controproducenti sull'inflazione: accentuarne i rischi invece di neutralizzarla. Detto ciò meno male che non faccio il banchiere centrale: avrei grossi dubbi sulle scelte da fare».

Carlo Sangalli, presidente ConfCommercio
«Proprio in questi giorni abbiamo espresso, noi per primi, i timori circa il riacutizzarsi delle tensioni sui prezzi per un'inflazione importata e influenzata dalle aspettative. È evidente che in un contesto di sostanziale fragilità delle economie europee, che hanno ripreso a crescere a ritmi piuttosto modesti, con risorse produttive utilizzate al di sotto del potenziale, l'innalzamento dei tassi potrebbe causare un nuovo rallentamento della crescita, scoraggiando investimenti e consumi di beni durevoli e peggiorando le finanze pubbliche via maggiori interessi sul debito».

Jacopo Silva, presidente G.I. Confindustria Padova
«Dobbiamo pensare alle nuove generazioni, al futuro, a chi verrà. Chi ha governato ci ha lasciato un'eredità pesante di crisi e debiti, che non sono certo colpa o responsabilità dei giovani che iniziano oggi in tempi così difficili la loro vita. Perciò bisogna attuare una politica di rigore nella spesa pubblica, di riduzione del debito pubblico: chi ha sbagliato paghi i suoi debiti e non li lasci alle nuove generazioni. E di riduzione dei tassi, per non gravare lo sviluppo. E anche per consentire, speriamo finalmente, allo Stato di iniziare a ripagare il proprio debito contratto negli ultimi 30 anni».

Giovanni Soffietti, vice-pres G.I. Confindustria Sardegna
«Mi sembra prematuro l'aumento dei tassi; se questa manovra è finalizzata a contrastare l'inflazione appare utile capire il motivo dell'aumento dell'inflazione. Considerata la crisi economica e i problemi di crescita che le economie transatlantiche stanno affrontando, una decisione diretta ad aumentare i tassi, per contrastare l'inflazione, dovrebbe essere ponderata con un periodo di osservazione del fenomeno più ampio. Comunque sia un tasso di interesse troppo basso allontana gli investitori che sono alla ricerca del rischio che permetta la dovuta remunerazione. Un tasso di interesse più alto giustifica investimenti più rischiosi. Come del resto succede in paesi in forte crescita economica ma con democrazie instabili. In Europa abbiamo democrazie stabili che soffrono di un'economia che ha bisogno di ripartire».

Ferdinando Targetti, professore
«Se da tutte e due le sponde dell'Atlantico ci fosse un leggero rialzo dei saggi di interesse, ci sarebbe un freno alle speculazioni sulle materie prime. Ma se lo fa solo l'Europa rischiamo una rivalutazione dell'euro che non è ciò di cui l'area ha bisogno».

Andrea Tomat, presidente Confindustria Veneto
«Sono contrario al rialzo dei tassi perché oltre al rischio ‘depressione domanda interna' si rischia di deprimere anche l'export con un rafforzamento dell'euro».

Giacomo Vaciago, economista
«Sono d'accordo sul rialzo dei tassi: un quarto di punto subito. E altri in futuro, se l'inflazione continuerà a crescere».

Federico Vecchioni, presidente Confagricoltura
«Comprendo il timore di una ‘stagflazione' nell'Eurozona - cioè alti prezzi e debole crescita dell'economia -, che sono alla base dell'orientamento molto vigile della Bce e che ormai preannuncia per aprile un aumento dei tassi. Ma si tratta di un'opzione che dovremmo valutare a mio avviso con cautela. Intanto perché la crescita sta dando segni di ripresa, come mostrano i lievi aggiustamenti in rialzo del Pil registrati anche dalla Bce, e non possiamo interferire proprio ora con segnali negativi che possono incidere anche indirettamente deprimendo i consumi privati (tassi più alti significano anche mutui più cari). Poi, se è pur vero che l'inflazione cresce trascinata dalle materie prime, è anche vero che questo andamento è estremamente volatile e magari potrebbe presto rientrare; ne sappiamo noi qualcosa con i prezzi dei cereali che sono saliti sì negli ultimi mesi, ma perché a marzo erano piombati ai livelli del 2000. In sintesi, forse conviene attendere ancora per una stretta in maniera da consolidare questo primo accenno di crescita».

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